Era un sogno ambizioso: creare la mappa più dettagliata mai realizzata dell'acqua presente sulla Luna. Comprendere dove si nasconde, in quale forma si trovi e come la sua presenza vari nel tempo. Un obiettivo cruciale non solo per la scienza, ma anche per il futuro dell'esplorazione umana e robotica del nostro satellite. Questa era la promessa di Lunar Trailblazer, un piccolo ma sofisticato satellite della NASA, la cui avventura spaziale si è però interrotta bruscamente, lasciando un'eredità fatta tanto di delusione quanto di preziose lezioni per il futuro.
La missione si è conclusa ufficialmente il 31 luglio, dopo mesi di tentativi disperati per ristabilire un contatto. La sua avventura era iniziata il 26 febbraio 2025, a bordo di un razzo Falcon 9 di SpaceX, come passeggero secondario della missione IM-2 di Intuitive Machines. La separazione dal razzo era avvenuta come da programma, circa 48 minuti dopo il decollo, e il centro di controllo della missione presso il Caltech aveva stabilito con successo le comunicazioni iniziali.
Poi, il giorno seguente, il silenzio. I segnali da Lunar Trailblazer si sono interrotti e, senza una comunicazione a due vie, per il team a Terra è stato impossibile diagnosticare il problema o comandare le accensioni dei propulsori necessarie per mantenere la rotta verso la Luna.
Le poche informazioni ricevute prima del silenzio radio indicavano un problema critico: i pannelli solari del satellite non erano orientati correttamente verso il Sole. Di conseguenza, le sue batterie si sono esaurite, spegnendo di fatto il piccolo esploratore. Nei mesi successivi si è scatenata una vera e propria caccia globale. Organizzazioni di tutto il mondo, molte delle quali hanno offerto il loro aiuto su base volontaria, hanno puntato le loro antenne verso il cielo, sperando di captare un flebile segnale. Osservazioni radar e ottiche hanno confermato che Lunar Trailblazer stava fluttuando nello spazio profondo, in una lenta e incontrollata rotazione. La speranza era che, durante questa deriva, i suoi pannelli solari potessero casualmente orientarsi verso il Sole, ricaricare le batterie e riaccendere la radio. Purtroppo, il satellite si è allontanato troppo, rendendo ogni segnale troppo debole per essere ricevuto e ogni comando impossibile da inviare.
Nonostante l'esito, l'esperienza di Lunar Trailblazer non è stata una perdita totale. Il progetto faceva parte del programma SIMPLEx della NASA, che promuove missioni a basso costo ma ad alto rischio per testare approcci scientifici innovativi. Come ha sottolineato Nicky Fox, amministratore associato della NASA, "intraprendiamo missioni ad alto rischio e alta ricompensa come Lunar Trailblazer per trovare modi pionieristici di fare nuova scienza". Le lezioni apprese da questo fallimento aiuteranno a ridurre i rischi per le future missioni a basso costo.
Inoltre, la tecnologia sviluppata per il satellite sopravviverà. I suoi due strumenti, lo spettrometro HVM3 costruito dal JPL e il sensore termico LTM realizzato dall'Università di Oxford, erano di altissimo livello. Bethany Ehlmann, responsabile scientifica della missione, ha espresso il suo rammarico ma ha anche sottolineato che le conoscenze e la tecnologia sviluppate verranno trasferite ad altri progetti. In particolare, il design dello spettrometro HVM3 è identico a quello di un nuovo strumento, UCIS-Moon, che la NASA ha già selezionato per una futura opportunità di volo orbitale. La caccia all'acqua lunare, quindi, è solo rimandata.