Per anni, Ursa Major III è stato un piccolo enigma cosmico. Come mai? Perché questo debole compagno della Via Lattea, situato a oltre 30.000 anni luce dalla Terra, era considerato una galassia nana dominata dalla materia oscura. Ma una nuova ricerca ribalta lo scenario: dietro quell’aspetto dimesso si nasconderebbe invece un ammasso stellare compatto, con un cuore popolato da buchi neri e stelle di neutroni.
Come capiremo a breve, il punto fondamentale riguarda il cosiddetto rapporto massa-luminosità. Oggetti come Ursa Major III appaiono molto più pesanti di quanto la loro luce farebbe supporre. Per questo, la spiegazione più semplice finora era la presenza abbondante di materia oscura. Ma né i modelli standard né le teorie alternative riuscivano a chiarire pienamente le caratteristiche di questi sistemi anomali.
Gli autori dello studio, tra cui Ali Rostami-Shirazi e Pavel Kroupa dell’Università di Bonn, hanno affrontato la questione con simulazioni al computer ad alta precisione. Attraverso tecniche di N-body simulation, hanno ricostruito miliardi di anni di interazioni gravitazionali tra Ursa Major III e la nostra galassia. Il risultato suggerisce che il passaggio ripetuto vicino alla Via Lattea avrebbe progressivamente strappato via le stelle più esterne, lasciando dietro di sé soprattutto i resti più compatti: buchi neri e stelle di neutroni. In pratica, un “ammasso stellare oscuro” più che una galassia nana ricca di materia invisibile.
Se una parte dei satelliti ultra-deboli della Via Lattea si rivelasse essere ammassi di stelle danneggiati e non vere galassie, le stime sulla distribuzione della materia oscura dovrebbero essere riviste al ribasso. Non si tratterebbe quindi di ecosistemi cosmici dove la materia oscura domina, ma di strutture impoverite dalla forza gravitazionale della nostra stessa galassia.
Gli scienziati parlano già di una nuova categoria: i dark star cluster. Questi si formerebbero proprio per effetto dell’erosione gravitazionale, che nel tempo lascia al centro soltanto i resti più pesanti, invisibili ma dominanti. Ursa Major III diventerebbe così il prototipo di questa classe di oggetti, aprendo un fronte inedito nello studio dell’evoluzione galattica.
Serviranno osservazioni dirette che possano confermare la presenza di buchi neri e stelle di neutroni nel cuore dell’oggetto. Solo così sarà possibile sancire la trasformazione di Ursa Major III da “galassia oscura” a “ammasso stellare oscuro”. In ogni caso, la ricerca dimostra quanto la gravità della Via Lattea possa influenzare profondamente i suoi satelliti e quanto la frontiera tra galassie nane e ammassi stellari sia più sfumata di quanto immaginato fino a oggi.