Nella fattispecie, secondo il report, ChatGPT guida la classifica con il 43% degli utilizzatori giovanissimi, seguito da Gemini AI di Google (32%) e My AI di Snapchat (31%). Interessante notare come i bambini “vulnerabili”, ovvero quelli con esperienze di vita o condizioni personali che li rendono più a rischio, mostrino un tasso di utilizzo ancora superiore (71% anziché 62% dei coetanei non vulnerabili), e siano quasi tre volte più propensi a rivolgersi a companion bot come Character.AI (che tra l'altro sta lavorando ad una funzione di avatar AI) e Replika.
Se molti considerano l’AI uno strumento per velocizzare il lavoro o reperire informazioni, i giovani, dunque, ne stanno facendo un uso più emotivo. Non che gli adulti non lo utilizzino per un supporto pseudo-psicologico, ma un quarto dei giovani, stando al report, chiede consigli ai chatbot, e un terzo li percepisce come amici con cui sfogarsi. Tra i bambini vulnerabili queste percentuali arrivano rispettivamente al 50% e addirittura al 25% di chi afferma di farlo perché “non ha nessun altro a cui rivolgersi”.
Nonostante i filtri di età e i sistemi di moderazione, il 58% dei ragazzi dichiara che usare un chatbot è piu comodo che cercare manualmente su Google, cosa che solleva timori su un’eccessiva dipendenza da risposte potenzialmente errate o fuori tema. I test condotti da Internet Matters hanno dimostrato come My AI e ChatGPT talvolta possano restituire contenuti espliciti o inadeguati, aggirabili da utenti esperti.
Un dato particolarmente preoccupante è che molti bambini esplorano queste tecnologie senza una guida adulta adeguata. Sebbene la maggior parte abbia parlato di AI con i genitori, solo un terzo ha discusso dell’affidabilità delle informazioni generate, nonostante il 66% dei genitori vorrebbe farlo. A scuola la situazione non è molto diversa: il 57% degli studenti ne ha sentito parlare in classe, ma appena il 18% ha affrontato piu di un confronto formale sul tema.