Con prove video, testimonianze di abusi sessuali, violenze fisiche, sfruttamento di minori e racconti terrificanti da parte delle ex fidanzate, Sean “Diddy” Combs avrebbe dovuto affrontare la piena responsabilità dei suoi crimini. E invece, la giustizia americana si è fermata a metà. La sua condanna? Solo per induzione alla prostituzione. Un verdetto che lascia sgomenti e apre scenari pericolosi per il futuro.
Processo contro P. Diddy, in aula il video integrale dell'aggressione alla ex fidanzataP Diddy assolto dalle accuse più gravi: una sentenza che umilia le vittime
Dopo sette settimane di processo, la notizia è arrivata come un pugno nello stomaco: di tutti i capi d'imputazione a suo carico, Sean “P. Diddy” Combs è stato giudicato colpevole solo di trasporto a fini di prostituzione. È stato assolto, invece, dalle accuse ben più gravi di traffico sessuale, associazione a delinquere e sfruttamento di minori. Una decisione che lascia attoniti, soprattutto alla luce delle numerose prove e testimonianze portate in aula.ù
Documenti, video, racconti: tutto inutile?
Tredici ore di camera di consiglio, 34 testimoni ascoltati (su 120), decine di video, messaggi e telefonate raccolte in anni d’indagine. Eppure, alla fine, la giuria composta da 8 uomini e 4 donne ha assolto Combs da tre dei cinque capi d’accusa. I due su cui è stato condannato riguardano il trasporto di persone a scopo di prostituzione, ma non il traffico sessuale sistemico. Durante il processo la giuria ha avuto accesso a decine di testimonianze e materiale video inequivocabile, tra cui le immagini in cui Combs picchia selvaggiamente la ex compagna Cassie Ventura. La testimonianza della stessa Cassie, che ha raccontato dettagli raccapriccianti delle “Freak Offs” – le orge pianificate in hotel in cui veniva costretta ad avere rapporti con sex worker maschili mentre Combs osservava, si masturbava e registrava – è stata ascoltata, discussa, ma alla fine messa da parte. Come le denunce di Jane, ex fidanzata sotto pseudonimo, e quelle di ex collaboratori e assistenti.
Nessuna cauzione: per il giudice, Diddy resta in carcere
Il giudice Arun Subramanian ha negato la cauzione, ricordando che già nel 2024, sotto indagine, Combs era stato violento. “Una persona che non rispetta lo stato di diritto”, ha dichiarato. Rifiutata l’offerta di 1 milione di dollari per la libertà vigilata. Il rapper resterà in cella fino alla sentenza prevista per ottobre.
Comprare la libertà, comprarsi la giustizia
Il verdetto odierno non è solo una vergogna giuridica, è anche un segnale pericoloso: se sei ricco abbastanza, puoi permetterti la redenzione giudiziaria. Nonostante il rifiuto del giudice di concedergli la libertà su cauzione e una possibile condanna a vent’anni, la sentenza ridimensiona un impianto accusatorio che avrebbe travolto qualsiasi altro cittadino privo di fama, influenza e risorse economiche.
Le reazioni: “La giuria ha tradito le vittime”
Sui social è esplosa l’indignazione. Commenti come: “Questo verdetto è un insulto alle vittime”, “Hanno visto i video, sentito le testimonianze... eppure lo hanno assolto?”, “Jeffrey Epstein sarebbe stato scarcerato, se fosse ancora vivo”. Molti utenti sottolineano la discrepanza: “Com’è possibile essere colpevole di prostituzione, ma non di traffico sessuale?”
Trump, Weinstein, Combs: chi paga davvero? Le donne
In un’America che ha permesso a Donald Trump, condannato per violenza sessuale, di tornare alla Casa Bianca come se nulla fosse, la vicenda di Sean Combs è la conferma di un sistema che non crede alle donne. E non solo: che non difende nemmeno le vittime minorenni, le persone abusate, manipolate, sfruttate. Un sistema che non ha ancora trovato il coraggio di spezzare la catena che lega potere e impunità.
Un precedente pericoloso per tutti
Questa sentenza rischia di diventare un precedente pericoloso per ogni uomo in posizione di potere che vorrà sfruttare quella posizione per fare del male ad altri, soprattutto alle donne. Per ogni vittima che ha avuto il coraggio di raccontare l’orrore vissuto, questo verdetto è un’amara sconfitta.
Se nemmeno in un caso così eclatante, documentato, supportato da prove concrete, si riesce ad arrivare a una condanna piena, allora che possibilità hanno le vittime meno famose, meno seguite, meno ascoltate?
Aspettando una giustizia che sia davvero giustizia: l'ultima parola ad ottobre
Ora si attende la sentenza definitiva, fissata per ottobre. Combs rischia fino a vent’anni. Ma chi crede ancora che la giustizia possa davvero arrivare, dopo quanto visto, ha bisogno di più che speranza. Ha bisogno di un sistema che cambi. Che smetta di piegarsi ai soldi e ai riflettori. Che scelga, una volta per tutte, di stare dalla parte delle vittime.
Perché stavolta, la giustizia ha fallito.