La storia è vecchia, parte da lontano. A dicembre, l'introduzione di nuove meccaniche delle API Play Integrity garantiva ad alcune app la possibilità di imporre l'uso di un sistema operativo certificato, così a farne le spese per primi sono stati gli utenti di GrapheneOS, un sistema operativo basato su Android con un focus forte sulla privacy, tagliati fuori da tante applicazioni importanti tra cui l'app Io.
A distanza di mesi c'è finalmente la voce di un addetto ai lavori sull'incompatibilità fra i sistemi operativi quasi blindati come GrapheneOS e l'app Io. L'avvocato Michelino Chionchio di PagoPa, l'ente dietro l'app Io, ha sostanzialmente spiegato che seguendo le linee guida italiane ed europee per garantire sicurezza e conformità è stata scelta una combinazione tra la Play Integrity API di Google, per verificare l’integrità dei dispositivi, e la Hardware Attestation API.
L'API Play Integrity offre diverse potenzialità future tra cui la rilevazione di malware e di minacce di vario tipo. Si sarebbe potuto rinunciare comunque, all'atto pratico, all'API Play Integrity che di fatto è la responsabile, da dicembre, dell'incompatibilità fra l'app Io e alcuni ambienti Android? Sì, l'Hardware Attestation API - ha spiegato in diverse occasioni il creatore di GrapheneOS Daniel Micay - avrebbe offerto le garanzie necessarie senza creare problemi agli utenti dell'OS.