Nel cuore della Silicon Valley, un'azienda di nome OpenMind si sta concentrando su un obiettivo ambizioso. Mentre molti si dedicano alla costruzione di macchine o dei componenti fisici che permettono loro di muoversi e afferrare oggetti, OpenMind lavora sotto al cofano, sviluppando quella che definisce l'anima pensante dei robot del futuro. L'azienda ha recentemente ottenuto un importante finanziamento da 20 milioni di dollari, circa 18,5 milioni di euro, guidato da Pantera Capital con la partecipazione di nomi noti come Ribbit e Coinbase Ventures. Questa iniezione di capitale servirà a spingere sull'acceleratore di un progetto già in fase avanzata.
Il primo passo concreto di questa visione è imminente: entro settembre, OpenMind prevede di distribuire una flotta iniziale di dieci cani robotici equipaggiati con la sua tecnologia. Jan Liphardt, fondatore di OpenMind e professore a Stanford, sottolinea l'importanza di portare la tecnologia sul campo il prima possibile. L'idea è quella di raccogliere feedback diretto dagli utenti per poi iterare e migliorare rapidamente le macchine, rispondendo a una lista di desideri e critiche che sicuramente arriverà da chi ospiterà questi quadrupedi.
Ma cosa rende così speciale l'approccio di OpenMind? Il suo prodotto di punta è OM1, uno strato software concepito per funzionare come un vero e proprio sistema operativo per robot umanoidi. La società si paragona ad Android, il sistema operativo che domina il mondo degli smartphone, proprio perché la sua piattaforma è aperta e agnostica rispetto all'hardware. Ciò significa che, in teoria, qualsiasi robot potrebbe un giorno "girare" su OM1, indipendentemente dal produttore.
Secondo Liphardt, i robot sono già capaci di svolgere compiti ripetitivi da decenni, ma ora stiamo entrando in una nuova era. Con lo sviluppo di umanoidi destinati a interagire strettamente con le persone, per esempio in un ambiente domestico, diventa necessario un sistema operativo che pensi in modo più simile a un essere umano. Si apre uno scenario in cui le macchine possono collaborare con gli umani in modi mai visti prima, in una sinergia che va oltre il semplice concetto di automazione.
Per facilitare questa evoluzione, OpenMind ha svelato anche un nuovo protocollo chiamato FABRIC. Questa tecnologia permette ai robot di verificare l'identità di altre macchine e di condividere contesto e informazioni in modo sicuro. A differenza degli esseri umani, le macchine possono imparare quasi istantaneamente. Fornire loro un canale di comunicazione diretto significa abilitare una forma di apprendimento collettivo potentissima. Liphardt fa l'esempio delle lingue: invece di insegnare a ogni singolo robot una nuova lingua, un'unità potrebbe apprenderla e poi condividere istantaneamente questa conoscenza con l'intera rete, migliorando l'interazione con un numero maggiore di persone senza intervento umano diretto. Questo sistema replica in piccolo l'infrastruttura di fiducia e comunicazione che gli umani hanno costruito nel corso dei secoli, ma adattata a un mondo di macchine intelligenti.