Basta un velo d'oro: risolto l'incubo dei computer quantistici?

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HDblog.it Aug 04, 2025 · 2 mins read
Basta un velo d'oro: risolto l'incubo dei computer quantistici?
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Nel mondo dell'informatica quantistica, una delle sfide più grandi è sempre stata la fragilità dei suoi componenti fondamentali. Ora, una soluzione elegante ed efficace sembra arrivare da un team di fisici dell'Università della California, Riverside. La chiave di volta? Un sottilissimo strato d'oro, spesso appena una decina di atomi, capace di fungere da scudo protettivo per i delicati circuiti quantistici.

Il cuore di ogni computer quantistico è il qubit, l'equivalente del bit digitale. A differenza di un bit classico, che può essere solo 0 o 1, un qubit può esistere in una sovrapposizione di stati, una proprietà che gli conferisce un'enorme potenza di calcolo. Questo stato, noto come coerenza quantistica, è però incredibilmente delicato. Anche la minima imperfezione o interferenza ambientale, un "rumore" di fondo, può farlo collassare, vanificando il calcolo. Gran parte di questo rumore proviene proprio dalle superfici dei materiali superconduttori, come il niobio, usati per costruire i chip. Le loro superfici, a livello atomico, non sono mai perfettamente lisce e presentano difetti che agiscono come vere e proprie trappole per le coppie di Cooper, le coppie di elettroni che trasportano l'informazione quantistica nei superconduttori, distruggendo la loro coerenza.

È qui che entra in gioco l'idea di Peng Wei. Applicando uno strato d'oro incredibilmente sottile sulla superficie del niobio attraverso un processo chiamato crescita epitassiale, il suo team è riuscito a "spianare" queste imperfezioni. L'oro, essendo chimicamente inerte e non soggetto a ossidazione, crea una barriera stabile e uniforme che protegge i qubit dal rumore esterno, senza però compromettere le proprietà superconduttrici del materiale sottostante. Trovare lo spessore giusto è stato cruciale: "Troppo spesso, e uccidiamo la superconduttività. Troppo sottile, e i difetti dominano ancora. Abbiamo trovato il punto debole", ha spiegato Wei. Questa tecnica offre un percorso per rendere i processori quantistici non solo più stabili, ma anche più facili da produrre in serie con risultati costanti.

L'impatto potenziale di questa scoperta non è passato inosservato. L'approccio è compatibile con gli attuali metodi di fabbricazione dei chip, un dettaglio che lo rende particolarmente attraente per le aziende che puntano a commercializzare computer quantistici. Importanti istituti di ricerca come il MIT, il National Institute of Standards and Technology (NIST) e la società SEEQC Inc. hanno già collaborato con il gruppo di Wei, riconoscendo il valore di questa tecnica. L'Ufficio per le partnership tecnologiche della UC Riverside ha già depositato un brevetto statunitense per proteggere l'invenzione, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Electronics, e sta aiutando il ricercatore a prepararsi per una possibile commercializzazione, magari attraverso la creazione di una startup dedicata.