Sembra che Blue Origin punti tutto sul prossimo lancio del New Glenn, il gigantesco razzo che a gennaio ha debuttato con successo raggiungendo l’orbita, ma senza riuscire a salvare il primo stadio. Stavolta l'azienda vuole riportare a casa intatto il booster e riutilizzarlo per la missione lunare con il lander Blue Moon, prevista per l’inizio del 2026.
Il secondo volo, in programma non prima di novembre da Cape Canaveral, trasporterà due satelliti della NASA destinati a studiare l’atmosfera superiore di Marte, fornendo dati preziosi sull’evoluzione del Pianeta rosso. Un carico scientifico che rende il successo della missione ancora più delicato. Ma per l’azienda di Jeff Bezos la vera prova sarà il recupero del primo stadio.
Al primo tentativo, a gennaio, tre dei sette motori BE-4 non si erano riaccesi per la manovra di atterraggio e il razzo era finito nell’Atlantico. Gli ingegneri hanno individuato sette modifiche correttive, concentrate soprattutto sulla gestione del propellente e sul controllo dei flussi interni. Questa volta, come ha dichiarato Pat Remias, vicepresidente dei sistemi spaziali di Blue Origin, l’intenzione è di centrare l’atterraggio: “Abbiamo imparato molto, siamo fiduciosi di riuscirci”.
Il booster già pronto per il secondo volo porta il soprannome “Never Tell Me The Odds”, un chiaro segno dell’ottimismo della squadra. E la posta in gioco è altissima. Blue Origin ha deciso di costruire pochi primi stadi, molto più costosi e complessi dei Falcon 9 di SpaceX, contando proprio sul loro riuso rapido. Per questo la produzione di upper stage procede più spedita, con otto unità già pronte e in attesa di booster riutilizzabili.
Se il prossimo razzo atterrerà come previsto, lo stesso stadio sarà impiegato già a gennaio per il terzo volo del New Glenn, quello che porterà verso la Luna il primo lander Blue Moon Mark 1. Si tratta di un veicolo alto circa otto metri, capace di trasportare tre tonnellate di carico. Il prototipo, finanziato direttamente dall’azienda, è già assemblato e verrà sottoposto ai test in camera a vuoto presso il centro NASA di Houston, per poi essere trasferito in Florida per i preparativi al lancio.
L’azienda di Bezos parla di 90 giorni come tempo obiettivo per rimettere in volo un booster recuperato. Un traguardo che, se raggiunto, darebbe un enorme vantaggio anche nel percorso verso la certificazione della US Space Force per i lanci militari.
Nel frattempo, vale la pena ricordare che la Cina sta accelerando verso un allunaggio umano entro il 2030, e la corsa alla Luna sembra tornata a essere un terreno di confronto geopolitico.