Blue Origin sta delineando con chiarezza il proprio ambizioso piano per rendere la Luna una tappa permanente nel viaggio umano nello spazio. L’azienda fondata da Jeff Bezos ha presentato un'ampia gamma di veicoli spaziali e tecnologie all’avanguardia per supportare sia missioni robotiche che equipaggiate, mirando a instaurare una presenza duratura sul nostro satellite naturale.
Al centro di questa visione c'è il Transporter (visibile in testata), un innovativo veicolo cisterna spaziale progettato per trasportare idrogeno e ossigeno da un'orbita terrestre bassa fino all’orbita lunare. Il Transporter può movimentare fino a 100 tonnellate metriche verso la Luna e, nella sua configurazione per Marte, trasportare 30 tonnellate metriche fino all’orbita del Pianeta Rosso. Il suo funzionamento prevede il recupero del propellente residuo dal secondo stadio del razzo New Glenn, un approccio che intende abbattere i costi e aumentare l’efficienza delle operazioni spaziali.
Parallelamente, Blue Origin sta lavorando su due tipi di lander lunari. Il primo, denominato Mark 1, è un modulo robotico capace di consegnare fino a 3 tonnellate metriche sulla superficie lunare. La sua prima missione è prevista entro la fine del 2025, con un atterraggio programmato nella zona del polo sud lunare. Questo veicolo, alimentato da una combinazione di ossigeno e idrogeno liquidi, sarà anche oggetto di studi scientifici, grazie all’integrazione del sistema SCALPSS della NASA per analizzare l’interazione dei gas di scarico con il suolo lunare.
Il secondo modulo, il Mark 2, è progettato per il trasporto di equipaggi umani e può ospitare fino a quattro astronauti. È in grado di consegnare 20 tonnellate metriche sulla Luna in configurazione riutilizzabile, oppure fino a 30 tonnellate in modalità one-way. Il Mark 2 rappresenta il cuore della collaborazione con il programma Artemis della NASA ed è stato sviluppato nell’ambito del contratto NextSTEP-2 Appendix P, dedicato allo sviluppo sostenibile della presenza lunare.
Durante una recente conferenza tenutasi presso il Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory, John Couluris, vicepresidente per la permanenza lunare di Blue Origin, ha sottolineato l’importanza di diventare “hardware rich” — cioè dotati di una solida infrastruttura tecnica e operativa. A tal fine, la produzione simultanea di due veicoli Mark 1 è già in corso.
Couluris ha anche evidenziato come una delle principali sfide resti l’immagazzinamento stabile di idrogeno e ossigeno per lunghi periodi, elemento essenziale per il funzionamento dei motori BE della compagnia. A tal proposito, la tecnologia "zero boil-off" — che impedisce l’evaporazione dei carburanti criogenici — è già stata testata con successo in laboratorio a temperature estremamente basse, pari a 20 Kelvin (–253 °C) e 90 Kelvin (–183 °C).
A margine del Summit “Humans to the Moon and Mars 2025” tenutosi a Washington, il CEO di Blue Origin, Dave Limp, ha ribadito la volontà di abbattere drasticamente i costi del trasporto spaziale. Per farlo, secondo Limp, è necessario abbandonare l’approccio tradizionale del settore aerospaziale e puntare invece su rapidità decisionale, innovazione e approcci più flessibili e commerciali.
Jacqueline Cortese, direttrice del settore spazio civile di Blue Origin, ha confermato che il progetto Mark 1 è stato interamente autofinanziato dall’azienda. L’obiettivo è testare il veicolo nel primo volo, raccogliere dati, apportare eventuali modifiche e prepararsi per una seconda missione. Entro la fine del decennio, Blue Origin prevede di portare due equipaggi umani sulla Luna, confermando il proprio ruolo chiave nel programma Artemis della NASA.