Attenzione: la trascrizione è gestita da IA e potrebbe non corrispondere completamente alla puntata relativa; potresti trovare degli errori.
Questo video (e quindi il post qui sotto) è stato pubblicato il giorno del mio 38° compleanno, che vi riporto, perché credo sia importante.
Oggi compio 38 anni, ma non faccio questo video per farmi fare gli auguri da voi. Lo faccio perché voglio compiere il resoconto delle cose più importanti che ho capito negli anni. Sono tutte apparenti banalità. Molte di queste cose io le sapevo ben prima di averle capite, ma quando le sapevo non bastava. Perché il sapere è puramente teorico, ma per capire, per comprendere qualcosa devi fare una certa esperienza e per l'esperienza serve tempo. E per la comprensione la teoria non basta. Io sapevo che la vita era una questione di fragilità, ma solo molto tempo dopo ho capito cosa ciò significa. Quando lo sai, questa informazione non cambia poi molto. Fingi comunque di essere quello che non sei. Nascondi le incertezze in ogni modo possibile, ti metti maschere per mostrarti invincibile, ma quando lo capisci cambia tutto.
L’ho capito quando ho visto persone apparentemente invincibili crollare sotto il peso di qualche fallimento inatteso, di qualche sofferenza. L'ho capito quando io stesso, che pensavo di essere così forte e straordinario, ho sentito crollare il mondo dentro di me e sopra di me. Finisce un amore, perdi un amico. La tua vita ha una brusca svolta inaspettata e la maschera ti cade di mano e tu rimani nudo, fragile. Io sapevo che certe questioni vanno trattate con serietà, ma solo molto tempo dopo ho capito cosa vuol dire saperlo. Non ti impedisce di rispondere con sarcasmo alle tragedie, fare ironia sul dolore, rispondere con meme alle angosce per sentirti superiore, salvo. Ma capirlo ti porta finalmente a fare l'adulto nella stanza.
La morte che ci circonda sempre, la malattia che è il destino di ogni vita, la guerra che serpeggia sottotraccia anche quando tutto sembra pacifico, le tragedie che non sono un bug di sistema, ma il carattere dell'esistenza, ma anche la realizzazione e la felicità, necessitano di serietà, educazione, necessità di serietà. E diventi adulto quando ti chiedi a cosa vuoi dedicare la tua serietà. Diventi adulto quando abbandoni la facile risata che ti illude di poter neutralizzare le cose sgradevoli della vita. Io sapevo che il benessere è un veleno quotidiano, ma solo molto tempo dopo ho capito quale sia l'antidoto. Saperlo, infatti, non basta per sottrarsi alla dipendenza da tutto ciò che ti fornisce benessere.
Oggetti a cui affidi il tuo amor proprio, distrazioni che ti sollevano per un momento dalla realtà, divertimenti che invadono ogni pixel della tua realtà, opulenza che soverchia il silenzio di fronte al quale non puoi trovarti. Il benessere vissuto con passività ti illude che il mondo possa essere sempre bello, buono e piacevole finché non ti arriva il tram sui denti. Quando capisci che tutto ciò ti sta avvelenando e sta impedendoti di realizzarti come individuo poiché ti anestetizza, allora forse cominci ad agire diversamente. Smetti di dare per scontata la tua presenza, pensi veramente al modo con cui le cose ti trasformano in una cosa e realizza il fatto che il benessere, vissuto passivamente, è una brutta trappola mentale.
A quel punto capisci che puoi renderti indipendente da ciò che ti rendeva dipendente. Devi solo abbracciare quella fatica, quel dolore, quell'incertezza che rappresentano l'antidoto al veleno del benessere illusorio e a quel punto vivere anche un po' meglio il benessere che la vita ti ha concesso.
Io sapevo che il giudizio degli altri non conta nulla, ma solo molto tempo dopo ho capito cosa ciò comporta. Saperlo in teoria, non ti porta di staccarti dal bisogno di piacere a tutti, anche agli sconosciuti. E il web in questo ha acuito un problema immane. La nostra autostima dipende da quello che pensiamo che un mare di sconosciuti pensi di noi. Un paradosso! Una superstizione!
Poi ho capito che tutti sono troppo occupati a pensare a come vengono giudicati e percepiti dagli altri per poter giudicare in modo consapevole gli altri. Insomma, siamo tutti arrotolati su noi stessi, monadi del nostro egoismo depresso e non solo non giudichiamo gli altri, spesso non ci accorgiamo neanche degli altri. Ma anche se gli altri ti giudicassero effettivamente da un certo punto tu capisci che la vita è troppo breve e preziosa per essere sprecata con i giudizi, siano essi positivi o negativi, di coloro che di te vedono solo una minuscola porzione di superficie.
Io lo sapevo che in realtà non abbiamo bisogno di ricchezze di successo, popolarità o di immortalità, ma abbiamo bisogno di connessioni vere, umane, profonde. La realtà di ciò però l'ho capita solo molto tardi. Ho capito che anche il più apparentemente invincibile degli esseri umani è in cerca, proprio come me e come te, di un orecchio che lo ascolti, che lo capisca, di un animo che gli dia un po' di conforto e magari qualche risposta. Ho capito che non esiste individuo sufficientemente forte, e grande da poter rinunciare agli altri, da poter ignorare l'intima connessione che si sviluppa tra due esseri umani che si riconoscono nelle fragilità e nelle incertezze.
L'ho capito perché pensavo di essere io quell'individuo, pensavo io di poter fare a meno della confidenza del silenzio intimo, dello scandaglio profondo, che uno sguardo a te molto vicino può lanciare nelle profondità del tuo animo. L'ho capito quando le maschere si sono rotte e in quella connessione mi sono sentito amato e capace di amare. Io lo sapevo che siamo tutti mona, lo dico da anni, ma solo recentemente ho capito cosa ciò significa.
Essere mona vuol dire mollare tutti i tentativi di sembrare un conquistatore, di imporsi come quello che ha capito tutto, di mostrarsi come uno che non ha bisogno di chiedere mai. Siamo tutti mona, ecco cosa ho capito a 38 anni!
Nessuno di noi ha capito tutto. Anzi abbiamo capito molto poco, perciò ogni tanto dovremmo rispondere alle domande complicate del mondo non ho capito, devo pensarci, scusami, non lo so.
Nessuno di noi è invincibile, poiché la vita ci vince di continuo e di tanto in tanto dovremmo lasciarci vincere con serenità, perché la vita è molto più saggia degli obiettivi che diamo noi ai nostri giorni.
Nessuno di noi può fare a meno dell'animo altrui. Poiché il mio e il tuo animo sono più o meno la stessa cosa. Borges diceva, i nostri nulla differiscono di poco. Che è un modo poetico per dire che siamo tutti mona. È incredibile pensare che quella frase Borges l'ha detta a 19 anni, cosa che mi fa sembrare molto meno saggio rispetto a quello che vorrei mostrare in questo video. Ma non importa.
solo quando lasci che il mona che ti ama veda il mona che sei, solo allora puoi amare ed essere amato. A 38 anni le mie angosce, i miei problemi, le mie incertezze sono le stesse di quando avevo 18 anni. Non sono cambiate, sono solo più nude, più chiare, più vere, perché le maschere sono partite, se ne sono andate, sono andate in frantumi, per fortuna, ma finché non lo capisci, tu pensi di poterle risolvere quelle cose, quelle incertezze, quelle angosce, come se la vita fosse un'equazione da risolvere con il giusto addendo. Non è così. La vita non si risolve, la vita si eredita e poi si tramanda. E nel mezzo ci sono io, vivo, che per tutta la vita rimango incompiuto, bisognoso di ritrovarmi nell’abraccio altrui. Quando lo capisci sai di essere mona, sai che anche il Presidente del mondo è mona, sai che il Dalai Lama è mona e probabilmente persino gli dèi sono mona. E va bene così.
Ecco cosa ho capito. Perciò ti auguro di essere mona a 15, a 40 o a 80 anni e di capirlo il prima possibile, perché, come disse Agostino, ama e fa ciò che vuoi. Mona.