"Cecchettin, Tramontano e Anastasi: chi meritava di morire?" e quel sondaggio che urla l'urgenza di un'educazione affettiva

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(La redazione di fem) May 19, 2025 · 4 mins read
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È accaduto in una scuola superiore di Bassano del Grappa: in una chat tra studenti è circolato un sondaggio che ha lasciato senza parole. La domanda era agghiacciante: “Chi si meritava di più di morire?”, riferita a tre vittime di femminicidio – Giulia Tramontano, Mariella Anastasi e Giulia Cecchettin. Un episodio che ha generato una forte ondata di indignazione pubblica e che ha riportato al centro del dibattito nazionale il tema dell’educazione al rispetto e della consapevolezza sociale tra i più giovani.

Sondaggio shock tra ragazzini su chi merita il femminicidio, Chiara Tramontano: "Spaventoso, vergogniamoci tutti"

Il sondaggio shock della classe di Bassano: "Chi meritava di morire di più?"

Una chat di WhatsApp, un sondaggio e tre nomi. Giulia Tramontano, Mariella Anastasi, Giulia Cecchettin. Tre giovani donne, tre vittime di femminicidio, tre storie che hanno scosso l’Italia. Ma in una scuola superiore di Bassano del Grappa, qualcuno ha pensato di fare un gioco: un sondaggio inviato in una chat tra studenti chiedeva chi, tra loro, si “meritasse di più di morire”.

Un gesto assurdo da sembrare inventato, e invece è tutto vero. La vicenda è esplosa quando l’associazione Women for Freedom, impegnata nella lotta alla violenza di genere, ha pubblicato la schermata della chat sui suoi canali social, condannando con fermezza il contenuto. Le parole usate nel post sono taglienti: “Non è solo una bravata. È una mancanza totale di empatia. È lo specchio rotto della nostra società”.

L’indignazione (giustificata) del Paese

Le reazioni non si sono fatte attendere. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha parlato di “un alto grado di immaturità e insensibilità” e ha garantito che la scuola “saprà prendere i provvedimenti opportuni”. Una risposta che prova a rassicurare, ma che arriva su uno sfondo di allarme crescente. “Fa male”, ha dichiarato Alessandra Verni, madre di Pamela Mastropietro, un’altra giovane vittima di violenza. “Fa male come madre, fa male come vittima. Questo episodio ci dice dove siamo arrivati. Serve più educazione al rispetto”. Luisa Rizzon, presidente di Women for Freedom, ha rincarato: “Non può essere derubricato a scherzo. Serve una riflessione più ampia: il cambiamento inizia dalle parole, dai gesti, dall’eliminazione degli stereotipi”.

Le scuse dell’autore del questionario: “Sono mortificato”

Il ragazzo che ha creato il sondaggio si è fatto avanti tramite il suo avvocato, chiedendo scusa pubblicamente. “Mi scuso con le famiglie delle vittime, con i miei compagni, con tutti quelli che si sono sentiti offesi. Mi rendo conto della gravità di ciò che ho scritto. Non posso neanche immaginare il dolore di chi ha perso una persona cara in questo modo”.

Parole che provano a porre rimedio a una ferita profonda, ma che non bastano a cancellare il messaggio lanciato – forse inconsapevolmente – da quella chat: in una parte della nostra società, la violenza sulle donne è stata così normalizzata da diventare oggetto di ironia.

La ferita ancora aperta del femminicidio

Dietro l’indignazione, c’è una consapevolezza più scomoda. Il problema non è solo un sondaggio: è ciò che lo rende possibile. È l’ambiente che lo tollera, che magari ride, che non dice niente. È quella zona grigia fatta di silenzi, sguardi abbassati, “sono solo ragazzi”. È l’assenza di un’educazione emotiva che insegni che la morte non è un gioco, il dolore non è un meme, le vittime non sono numeri da votare.

Le parole di Antonio Affinita, direttore generale del Moige (Movimento italiano genitori), sono chiare: “Quel sondaggio è uno specchio triste di una società che ha smarrito empatia. Serve un’azione educativa capillare, che parta dalle scuole e coinvolga famiglie, istituzioni e associazioni”.

Educazione al rispetto: una priorità, non un’aggiunta

Lo ripetono in molti, da settimane, mesi, anni: serve educazione al rispetto. Ma il caso di Bassano lo grida. Non è più sufficiente destinare all’educazione civica un’ora alla settimana, spesso usata per recuperare interrogazioni o guardare documentari. Occorre una vera strategia culturale, che metta al centro il valore della persona, la dignità della vita, il significato della parola “empatia”.

Perché in quella classe, qualcuno ha scritto il messaggio, altri l’hanno letto, altri ancora ci hanno scherzato sopra. E poi c’erano anche le ragazze, le compagne, che si sono sentite invisibili, impaurite, umiliate.

Una battaglia da combattere insieme

Il sondaggio di Bassano del Grappa è un campanello d’allarme, ma anche un punto di partenza. Come ha detto Mara Carfagna, “non è una goliardata, è lo specchio spietato di ciò che stiamo – o non stiamo – trasmettendo alle nuove generazioni”.

La morte di Giulia Cecchettin, 75 coltellate inflitte dall'ex-fidanzato, è ancora viva nella memoria collettiva. Come quella di Giulia Tramontano, uccisa mentre portava in grembo un figlio. Come quella di Mariella Anastasi, bruciata viva. Mettere in fila i loro nomi per “votare” chi meritava la fine più crudele è un gesto che racconta più di mille statistiche quanto ancora dobbiamo lavorare per costruire una società realmente civile.

E allora la risposta non può limitarsi a una sospensione o a una lavata di capo. Deve essere un piano condiviso, che parta dai corridoi delle scuole e arrivi fino al cuore delle famiglie.

La memoria come vaccino contro l’indifferenza