Che succede a un corpo umano nello spazio? SPOILER: non esplode

https://www.hdblog.it/curiosita/articoli/n620996/corpo-umano-spazio-cossmico-conseguenze/

HDblog.it Jun 08, 2025 · 2 mins read
Che succede a un corpo umano nello spazio? SPOILER: non esplode
Share this

L’idea che un essere umano possa esplodere nello spazio è ormai diventata parte dell’immaginario collettivo grazie a decenni di cinema fantascientifico. Moltissimi film hanno raccontato in maniera spettacolare (e spesso errata) cosa succede al corpo umano quando è esposto al vuoto cosmico. Nella realtà, però, la verità è molto meno teatrale ma infinitamente più inquietante.

Il passaggio istantaneo dalla pressione terrestre – circa 1 atmosfera, pari a 1013 hPa o 15 psi – al vuoto dello spazio non fa “scoppiare” il corpo umano come un palloncino. I tessuti connettivi e i vasi sanguigni, infatti, sono sufficientemente resistenti da impedire una vera e propria esplosione. A dirlo è anche Richard Harding nel libro Survival in Space, dove spiega che ciò che accade è piuttosto una forma estrema di ebollizione interna: l’ebullismo. Quando la pressione esterna crolla, l’acqua contenuta nei tessuti corporei inizia a vaporizzarsi improvvisamente, poiché il punto di ebollizione cala drasticamente.

Uno degli effetti immediati più pericolosi è la perdita dell’ossigeno presente nei polmoni. Se si viene esposti al vuoto, l’aria interna viene espulsa con forza, lasciando il corpo con solo l’ossigeno già disciolto nel sangue. Secondo la NASA, la “finestra di coscienza utile” in queste condizioni è di appena 9-12 secondi, dopodiché si perde conoscenza a causa dell’ipossia.

Nel frattempo, l’ebullismo continua: i liquidi superficiali si trasformano in vapore, facendo gonfiare i tessuti e comprimendo vasi sanguigni essenziali, in particolare attorno a cuore e cervello. I capillari esplodono, i muscoli si gonfiano e si crea una sorta di blocco circolatorio. Non c'è nulla di spettacolare o rumoroso: è una morte silenziosa e invisibile, che avanza con rapidità spietata.

Alcuni casi documentati confermano la possibilità di sopravvivenza solo se si interviene entro circa 90 secondi. È successo, per esempio, al tecnico Jim LeBlanc durante un test presso il Johnson Space Center: un guasto al tubo della tuta pressurizzata lo espose quasi istantaneamente al vuoto. Perse conoscenza, ma fu salvato in tempo e si riprese completamente. Episodi simili, benché rari, hanno mostrato come la rapidità nell’intervento possa fare la differenza tra la vita e la morte.

Ma lo spazio non uccide solo per mancanza d’aria o pressione. Anche la radiazione cosmica rappresenta una minaccia concreta, sebbene più sul lungo termine. Senza l’atmosfera terrestre a fare da scudo, gli astronauti sono esposti a raggi ultravioletti, particelle solari e raggi cosmici galattici. Non sono letali in pochi minuti, ma aumentano in modo significativo il rischio di tumori e danni neurologici con l’esposizione prolungata.

Un altro mito da sfatare è il congelamento istantaneo. Lo spazio è tecnicamente “freddo” perché è vuoto, ma l’assenza di molecole impedisce la conduzione termica rapida. Si perde calore lentamente, tramite radiazione. Alcune parti del corpo, come il viso e le mucose, si raffreddano più velocemente per effetto della vaporizzazione, ma non si congela all’istante come nei film.

Esistono infine episodi tragici che testimoniano quanto il vuoto sia impietoso. Nel 1971, l’equipaggio della missione Soyuz 11 morì a causa della depressurizzazione della capsula durante il rientro. I tre cosmonauti non indossavano tute pressurizzate e furono esposti al vuoto troppo a lungo. Le autopsie rivelarono segni di ebullismo e danni interni estesi.