Riuscire a creare computer quantistici in grado di comunicare tra loro a migliaia di chilometri di distanza, mantenendo intatta la loro fragile connessione quantistica, è una delle sfide più affascinanti della fisica moderna. Il problema fondamentale risiede in una sorta di "incompatibilità linguistica": i computer quantistici elaborano informazioni utilizzando microonde, segnali che si degradano rapidamente e non possono viaggiare su lunghe distanze. La nostra attuale infrastruttura internet, invece, si basa sulla luce, che sfreccia quasi senza perdite attraverso cavi in fibra ottica. Per far dialogare questi due mondi, serve un traduttore efficiente e silenzioso, un compito finora rivelatosi estremamente complesso. Qualsiasi disturbo nel processo di conversione, anche il più piccolo, può distruggere l'informazione quantistica, rendendo vana la comunicazione.
Una possibile e promettente svolta arriva da un gruppo di ricercatori della University of British Columbia (UBC), che ha proposto il progetto di un dispositivo capace di superare questo ostacolo. Si tratta di un minuscolo chip di silicio, simile a quelli che alimentano la nostra elettronica di tutti i giorni, ma con un'ingegnosa modifica. Il segreto della sua efficacia risiede in difetti magnetici, inseriti intenzionalmente nella sua struttura. Questi difetti agiscono come trappole per singoli elettroni. Sintonizzando con estrema precisione un segnale a microonde e un segnale ottico in modo che corrispondano ai livelli energetici di questi elettroni, è possibile farli "saltare" da uno stato all'altro senza che assorbano energia. In questo modo, gli elettroni si comportano da messaggeri perfetti, trasferendo l'informazione quantistica da un tipo di segnale all'altro.
I risultati teorici di questo approccio sono notevoli. Il chip proposto sarebbe in grado di convertire fino al 95% del segnale in entrambe le direzioni, un'efficienza altissima, e soprattutto di farlo aggiungendo una quantità di "rumore" di fondo quasi nulla. Mohammad Khalifa, ricercatore a capo del progetto, lo ha descritto così: "È come trovare un traduttore che capisce quasi ogni parola, mantiene il messaggio intatto e non aggiunge chiacchiericcio di sottofondo". Questa capacità di funzionare in entrambe le direzioni e di preservare l'intreccio quantistico (entanglement) è fondamentale. Senza di essa, come sottolinea Khalifa, avremmo solo computer costosissimi e isolati; con essa, si apre la porta a una vera rete quantistica globale.
Sebbene il progetto sia ancora teorico, il suo potenziale è immenso. Potrebbe abilitare comunicazioni a prova di hacker, sistemi di posizionamento indoor più precisi del GPS e strumenti di calcolo capaci di simulare sistemi naturali complessi o progettare nuovi farmaci. Joseph Salfi, co-autore dello studio, ha precisato: "Non avremo un internet quantistico domani, ma questo progetto rimuove un ostacolo enorme". L'aspetto più incoraggiante è che il chip non richiede tecnologie futuristiche per essere costruito. Potrebbe essere realizzato utilizzando i processi di produzione già esistenti, rendendone possibile, in futuro, l'integrazione nelle attuali reti in fibra ottica senza dover reinventare l'intera infrastruttura.