Cina dà il via alla centrale idroelettrica più grande del mondo: sorgerà in Tibet

https://www.hdblog.it/green/articoli/n625963/diga-cina-tibet-fiume-brahmaputra/

HDblog.it Jul 21, 2025 · 2 mins read
Cina dà il via alla centrale idroelettrica più grande del mondo: sorgerà in Tibet
Share this

C'è un fiume che nasce sull'altopiano tibetano, lo Yarlung Tsangpo, e che prosegue il suo corso cambiando nome in Brahmaputra, diventando una risorsa vitale per milioni di persone in India e Bangladesh. Proprio lungo le sue rive, in un'area maestosa ma geopoliticamente delicata, la Cina ha dato il via a un'opera ingegneristica senza precedenti, alimentando nuove tensioni con i Paesi vicini. Con una cerimonia tenutasi il 19 luglio 2025 nella città tibetana di Nyingchi, a ridosso del confine indiano, il premier cinese Li Qiang ha ufficialmente inaugurato i lavori per quella che è destinata a diventare la più grande centrale idroelettrica del mondo.

Le dimensioni del progetto sono sbalorditive e una volta completata, la diga dovrebbe generare circa 300 miliardi di chilowattora all'anno, una capacità quasi tripla rispetto a quella dell'imponente Diga delle Tre Gole, sempre in Cina. L'investimento totale stimato per la realizzazione delle cinque centrali idroelettriche a cascata che compongono l'impianto ammonta a circa 155 miliardi di euro. Sebbene Pechino assicuri che parte dell'energia prodotta soddisferà il fabbisogno locale del Tibet, l'obiettivo primario è la vendita di elettricità a mercati esterni.

Inutile dire che di fronte a un'opera di tale portata, le preoccupazioni di India e Bangladesh sono cresciute esponenzialmente. Il timore principale è che la Cina possa, di fatto, controllare il "rubinetto" di un fiume transfrontaliero, con la capacità di manipolare il flusso d'acqua in base a tensioni politiche, causando potenzialmente siccità o inondazioni artificiali a valle. A ciò si aggiungono le paure per l'impatto ambientale su un ecosistema himalayano estremamente fragile, con rischi per la biodiversità e per le comunità locali che dipendono dal fiume per la loro agricoltura e sussistenza.

Il governo cinese ha tentato di placare gli animi, affermando che il progetto è stato sottoposto a rigorose valutazioni scientifiche per garantire che non danneggi gli ecosistemi, la stabilità geologica o i diritti idrici dei Paesi confinanti. Il ministero degli Esteri cinese ha inoltre sottolineato che l'impianto contribuirà alla prevenzione dei disastri naturali e all'adattamento ai cambiamenti climatici, escludendo un suo utilizzo come strumento di pressione politica.

Queste rassicurazioni non hanno convinto Nuova Delhi, inoltre a complicare ulteriormente il quadro vi è l'annosa disputa territoriale sull'Arunachal Pradesh, uno stato che l'India considera parte integrante del proprio territorio ma che la Cina rivendica come Tibet meridionale. Proprio in risposta al progetto cinese, l'India ha accelerato lo sviluppo di proprie centrali idroelettriche nella regione, in una mossa volta a consolidare il controllo sulle proprie risorse idriche.

Per gestire la complessa logistica dell'opera, Pechino ha istituito una nuova società statale, la China Yajiang Group, che avrà la responsabilità della costruzione, della gestione e della tutela ambientale.