Un gruppo di scienziati statunitensi ha realizzato il primo computer funzionante completamente privo di silicio, utilizzando esclusivamente materiali bidimensionali. Questo risultato, ottenuto presso la Penn State University, apre una nuova strada per l’elettronica del futuro, grazie all’impiego di transistor ultra-sottili costruiti con molibdenite e diseleniuro di tungsteno.
I ricercatori sono riusciti a superare i limiti legati alla miniaturizzazione dei dispositivi al silicio, materiale che da decenni costituisce il cuore di smartphone, computer e altri dispositivi elettronici. Con l’aumentare della densità dei circuiti, le prestazioni del silicio tendono a degradarsi, mentre i materiali 2D conservano le loro proprietà anche a spessori atomici, offrendo un’alternativa più efficiente.
Alla base di questo traguardo c’è la tecnologia CMOS (Complementary Metal-Oxide Semiconductor), che richiede la coesistenza di due tipi di transistor: n-type e p-type. In questo esperimento, il team ha usato disolfuro di molibdeno per i transistor n-type e diseleniuro di tungsteno per quelli p-type, riuscendo a combinarli in un circuito logico funzionante. Il processo di produzione ha impiegato la deposizione chimica da fase vapore con metallo-organici (MOCVD), una tecnica che consente di far crescere in modo controllato film sottili di materiali 2D su superfici estese.
Sono stati costruiti oltre mille transistor di ciascun tipo, regolando con precisione le tensioni di soglia per ottenere un corretto funzionamento del circuito. L’elaboratore così realizzato può eseguire operazioni logiche semplici a una frequenza massima di 25 kilohertz, con consumi energetici molto contenuti. Anche se le prestazioni sono ancora lontane da quelle dei chip al silicio commerciali, la dimostrazione è comunque significativa: è la prima volta che un intero computer CMOS viene costruito usando soltanto materiali bidimensionali.
Il dottorando Subir Ghosh, primo autore dello studio pubblicato su Nature, ha spiegato che il dispositivo funziona con un set limitato di istruzioni, ma rappresenta un banco di prova importante per proiettare le potenzialità di queste tecnologie. È stato anche sviluppato un modello computazionale che tiene conto delle variazioni tra i dispositivi per confrontare le prestazioni con quelle dell’elettronica convenzionale.
Saptarshi Das, professore e supervisore del progetto, ha sottolineato che ci vorrà ancora tempo per vedere questi dispositivi su larga scala, ma il progresso ottenuto dimostra che la strada è praticabile. L’evoluzione dei materiali 2D è ancora agli inizi — ha ricordato Das — e solo dal 2010 in poi si è iniziato a esplorarne seriamente le potenzialità nell’elettronica. Tuttavia, questo passo rappresenta un’accelerazione rispetto all’evoluzione del silicio, che ha richiesto decenni per arrivare all'attuale livello di maturità.
Fondamentale per la riuscita del progetto è stato anche il supporto tecnico e strumentale del 2D Crystal Consortium Materials Innovation Platform (2DCC-MIP), sempre all’interno dell’università della Pennsylvania.
Questa soluzion non sostituirà sicuramente i processori al silicio sin da ora, ma ne traccia una possibile alternativa, promettendo dispositivi più sottili, efficienti e meno energivori.