Nel 2026 il telescopio spaziale Neil Gehrels Swift Observatory riceverà un aiuto decisivo per continuare a scrutare l’universo. Per la prima volta, infatti, una missione privata tenterà di spingere un satellite scientifico della NASA verso un’orbita più alta, allungandone la vita operativa e aprendo la strada a un nuovo modo di gestire le missioni spaziali.
Il protagonista di questa operazione sarà Katalyst Space Technologies, una società con sede in Arizona che ha ottenuto un contratto da 30 milioni di dollari attraverso il programma Small Business Innovation Research dell’agenzia statunitense. L’azienda sta progettando un veicolo capace di raggiungere Swift, agganciarlo e riportarlo a una quota più sicura. Se tutto procederà come previsto, il lancio avverrà nella primavera del 2026.
L’intervento si rende necessario a causa del lento ma costante decadimento orbitale del telescopio, in funzione dal 2004. La sua traiettoria, situata a bassa quota, viene influenzata dagli strati più esterni dell’atmosfera terrestre. Con l’aumento dell’attività solare, questi strati si espandono, aumentando la resistenza e accelerando la perdita di quota. Un processo che, secondo gli esperti, potrebbe portare Swift a non essere più operativo senza un’azione correttiva tempestiva.
Shawn Domagal-Goldman, direttore ad interim della Divisione di Astrofisica della NASA, ha parlato di una vera e propria corsa contro il tempo. L’alternativa sarebbe la chiusura della missione e la progettazione di un nuovo osservatorio, con costi molto più elevati. Affidarsi a una soluzione commerciale rappresenta invece un approccio più rapido ed economico, oltre a segnare un passo avanti nell’utilizzo di tecniche di “satellite servicing” applicate a veicoli non progettati per essere manutenzionati.
Il successo non è affatto scontato, poiché nessun veicolo privato ha mai catturato e manovrato un satellite governativo non predisposto a interventi di servizio. Per questo la missione, se riuscirà, entrerà nella storia. E potrebbe inaugurare un modello replicabile per altri osservatori e satelliti scientifici minacciati dal decadimento orbitale.
Nato per studiare i lampi di raggi gamma — eventi brevissimi e potentissimi che accompagnano la morte di stelle massicce o la fusione di oggetti compatti come buchi neri — il telescopio Swift ha funzionato come una sorta di “centralino” cosmico. Quando individua un’esplosione improvvisa, invia subito coordinate e dati ad altri strumenti spaziali e terrestri, consentendo osservazioni sincronizzate che hanno permesso negli anni di scoprire nuove dinamiche astrofisiche.
Oltre ai gamma-ray burst, Swift ha contribuito a studiare flare stellari, comete, asteroidi e persino fenomeni energetici nell’atmosfera terrestre. Un archivio di scoperte che, senza un intervento come quello di Katalyst, rischiava di interrompersi bruscamente dopo oltre vent’anni di attività.