Un gruppo di scienziati della Queensland University of Technology (QUT) ha sviluppato un nuovo materiale capace di convertire il calore disperso in elettricità con un’efficienza mai raggiunta prima. Si tratta di un composto a base di argento, rame e tellururo, arricchito con manganese, che ha permesso di ottenere un rendimento del 13%: un valore sorprendente, considerando che la maggior parte dei materiali termoelettrici si ferma a pochi punti percentuali.
Il principio su cui si basa questa tecnologia è che gran parte dell’energia prodotta quotidianamente da auto, fabbriche e centrali viene dissipata sotto forma di calore, senza essere utilizzata. L’obiettivo dei termoelettrici è catturare questa energia dispersa e trasformarla in elettricità. Nel caso del nuovo materiale, il risultato è stato reso possibile da un accorgimento preciso: l’aggiunta di manganese ha modificato la struttura elettronica interna, favorendo sia il miglioramento del fattore di potenza sia la riduzione della conducibilità termica. In altre parole, più elettricità generata e meno calore “sprecato”.
Il team ha anche realizzato un prototipo funzionante che, messo alla prova, ha confermato le previsioni: per ogni 100 unità di calore introdotte, 13 si trasformano in energia elettrica. “Può sembrare un numero contenuto, ma per il settore è un traguardo straordinario”, ha sottolineato il professor Zhi-Gang Chen, ricordando che questo tipo di efficienza colloca il dispositivo tra le migliori tecnologie attualmente esistenti.
I ricercatori hanno inoltre messo in evidenza altri vantaggi: il materiale non richiede l’uso di elementi tossici, è stabile, facile da produrre e quindi potenzialmente pronto per applicazioni concrete. Secondo Dr Xiao-Lei Shi, il composto potrebbe trovare spazio in diversi ambiti industriali, dal recupero del calore disperso nei processi produttivi fino al settore automobilistico, contribuendo alla riduzione delle emissioni e all’aumento dell’efficienza energetica.
Dal punto di vista scientifico, il lavoro ha raggiunto un valore di “ZT” pari a 1,88 a 773 Kelvin, uno dei più alti mai registrati per questa classe di materiali. Questo risultato, pubblicato su Energy & Environmental Science, conferma l’efficacia dell’“ingegneria delle bande elettroniche”, una tecnica che consente di manipolare la struttura interna dei materiali per migliorarne le prestazioni.
L’aspetto più interessante è che la ricerca apre a scenari concreti per la produzione di energia pulita a partire da ciò che oggi viene semplicemente disperso. Un passo avanti che, se portato su scala industriale, potrebbe cambiare il modo in cui recuperiamo e utilizziamo il calore generato ogni giorno da impianti, mezzi di trasporto e dispositivi elettronici.