Dal mistero delle pietre al ghiaccio “autopropulsivo” made in USA

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HDblog.it Aug 22, 2025 · 2 mins read
Dal mistero delle pietre al ghiaccio “autopropulsivo” made in USA
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In un laboratorio della Virginia Tech, un fenomeno apparentemente banale si è trasformato in una scoperta scientifica di grande interesse: un disco di ghiaccio, appoggiato su una superficie metallica progettata ad hoc, ha iniziato a muoversi da solo mentre si scioglieva. L’esperimento, guidato dal professor Jonathan Boreyko e dal dottorando Jack Tapocik, dimostra come il processo di fusione possa diventare un vero e proprio motore naturale, capace di spingere il ghiaccio in una direzione precisa.

Il principio non nasce dal nulla: i ricercatori si sono ispirati al mistero delle “sailing stones” della Racetrack Playa, in California, dove per decenni enormi rocce sembravano spostarsi senza motivo su un terreno perfettamente piatto. Nel 2014, uno studio di Richard Norris rivelò che il movimento era dovuto a lastre di ghiaccio che, formandosi e sciogliendosi, trascinavano i massi con l’aiuto del vento. Boreyko e colleghi hanno deciso di riprodurre artificialmente quel meccanismo, eliminando però l’influenza esterna del vento, e affidandosi soltanto alla fisica del ghiaccio che fonde.

La chiave dell’esperimento è stata la superficie, poiché i ricercatori hanno inciso su lastre di alluminio delle micro-strutture a forma di lisca di pesce, capaci di canalizzare l’acqua di fusione. In questo modo il disco di ghiaccio non rimaneva bloccato in una pozza stagnante, ma veniva trascinato da un flusso direzionale di acqua, come se galleggiasse su un piccolo fiume in miniatura.

Ma l’aspetto più sorprendente è emerso quando gli studiosi hanno aggiunto un rivestimento idrorepellente. Invece di accelerare lo scivolamento, il ghiaccio rimaneva incollato ai micro-canali, accumulando tensione. Quando però l’acqua si raccoglieva in una pozza davanti al disco, la differenza di tensione superficiale creava un vero e proprio “effetto fionda”: il ghiaccio si staccava di colpo e veniva spinto con forza, molto più velocemente dei massi californiani. Boreyko non ha esitato a definire questo fenomeno come il caso del “ghiaccio più veloce sulla Terra”.

Le implicazioni pratiche sono numerose. Il movimento spontaneo del ghiaccio potrebbe essere sfruttato per realizzare sistemi di sbrinamento rapido, superfici autopulenti e persino tecniche di trasporto microfluidico senza bisogno di energia esterna. Inoltre, l’“effetto slingshot” apre la strada a nuove forme di raccolta energetica, utilizzando la fusione come fonte di propulsione naturale. Il lavoro è staqto pubblicato su ACS Applied Materials & Interfaces.