Dal supercomputer alla centrale: la corsa USA verso la fusione nucleare

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HDblog.it Sep 29, 2025 · 2 mins read
Dal supercomputer alla centrale: la corsa USA verso la fusione nucleare
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Un nuovo progresso verso l’energia da fusione è stato compiuto negli Stati Uniti, dove la società Type One Energy Group ha utilizzato il supercomputer Summit del Dipartimento dell’Energia per progettare un reattore a fusione più stabile ed efficiente. Il lavoro, condotto insieme all’Oak Ridge National Laboratory (ORNL), si concentra su un avanzato stellarator, una macchina complessa che usa potenti campi magnetici per intrappolare plasma a temperature estreme.

Con 250.000 ore di calcolo messe a disposizione su Summit, i ricercatori hanno potuto simulare migliaia di configurazioni, studiando nel dettaglio il comportamento del plasma e cercando la geometria del reattore più adatta a ridurre le perdite di energia. “Il livello di fedeltà delle simulazioni ci ha permesso di fare previsioni mai tentate prima nella progettazione di un impianto a fusione”, ha spiegato Noah Mandell, scienziato computazionale del team.

La sfida principale di qualsiasi dispositivo a fusione è il controllo della turbolenza del plasma, che tende a disperdere calore e impedire l’autosostentamento della reazione. Mentre molte ricerche puntano ad aumentare le dimensioni degli impianti o l’intensità dei campi magnetici, Type One Energy ha scelto una via diversa: ottimizzare la forma del reattore. In pratica, la struttura intricata dello stellarator è stata modellata in 3D per individuare configurazioni che, in modo passivo, riducessero al minimo la perdita di energia.

Il principio fisico resta quello già dimostrato da dispositivi sperimentali come il Wendelstein 7-X, lo stellarator tedesco considerato oggi il più avanzato al mondo. All’interno di queste macchine, isotopi dell’idrogeno – deuterio e trizio – vengono confinati a circa 150 milioni di gradi Celsius, una temperatura dieci volte superiore a quella del nucleo solare.

Grazie al potere di Summit, il team è riuscito a guadagnare almeno un anno rispetto ai tempi tradizionali di progettazione. E ora guarda al futuro con un percorso in due fasi: prima costruire un prototipo, chiamato Infinity One, per validare la tecnologia, e successivamente realizzare una centrale pilota, Infinity Two, pensata per immettere in rete 350 megawatt di elettricità entro la metà degli anni Trenta.

Per arrivare a questo obiettivo, i ricercatori hanno sfruttato un software specifico, il codice GX, capace di risolvere le complesse equazioni a cinque dimensioni che descrivono i plasmi magnetizzati. Ora si prepara un ulteriore passo avanti: ripetere e perfezionare le simulazioni su Frontier, il supercomputer più potente attualmente operativo a ORNL, così da consolidare le certezze sul progetto prima dell’avvio della costruzione.

Secondo Walter Guttenfelder, scienziato principale della compagnia, la strada intrapresa è realistica: “La comprensione scientifica ha raggiunto un livello tale da non mostrare ostacoli insormontabili. Senza i calcolatori di Oak Ridge non saremmo arrivati fin qui”. Parole che lasciano intravedere la possibilità che la fusione, a lungo rimasta una promessa lontana, possa avvicinarsi al suo debutto nella produzione di energia pulita e continua.