Gli scienziati della Cornell University hanno presentato un prototipo di microchip chiamato “microwave brain”, capace di elaborare dati a velocità elevatissime utilizzando le stesse onde che regolano le comunicazioni wireless. Si tratta del primo processore al mondo che integra una rete neurale a microonde direttamente su un chip di silicio, con un consumo energetico ridotto a soli 200 milliwatt.
Il principio è molto diverso da quello dei processori digitali tradizionali, poiché invece di elaborare le istruzioni passo dopo passo con un clock, il chip sfrutta segnali analogici a frequenze dell’ordine delle decine di gigahertz. Questo approccio gli consente di analizzare i dati in tempo reale, in particolare quelli provenienti da radar, sistemi di comunicazione radio e trasmissioni digitali.
Il dottorando Bal Govind, primo autore dello studio pubblicato su Nature Electronics, ha spiegato che il chip può “distorcere” in modo programmabile un ampio spettro di frequenze, permettendo così di adattarsi a compiti diversi senza la necessità di hardware aggiuntivo. Il collega Maxwell Anderson ha sottolineato come il dispositivo riesca a bypassare numerosi passaggi di elaborazione che nei computer convenzionali richiedono circuiti complessi e dispendio energetico.
La sua architettura richiama il funzionamento delle reti neurali artificiali, ma con un’impronta più vicina al cervello biologico. Al posto delle linee di codice, troviamo guide d’onda e connessioni fisiche che consentono di riconoscere schemi nei dati in arrivo. L’obiettivo non è riprodurre fedelmente i modelli digitali, bensì ottenere prestazioni elevate con una struttura più flessibile, descritta dai ricercatori come una sorta di “mosaico controllato” di comportamenti in frequenza.
Nei test, il chip ha raggiunto un’accuratezza pari o superiore all’88% nell’identificazione di diversi segnali wireless, un livello simile a quello delle reti neurali digitali ma con un ingombro e un consumo energetico molto inferiori. È stato in grado di eseguire operazioni di logica di base e compiti più avanzati, come il conteggio di valori binari in flussi di dati ad alta velocità.
La versatilità e la sensibilità del dispositivo lo rendono adatto a numerose applicazioni: dalla rilevazione di attività sospette nelle comunicazioni radio, fino al possibile impiego in edge computing, per esempio all’interno di smartwatch o smartphone. Una prospettiva che, se confermata da ulteriori sviluppi, consentirebbe di ridurre la dipendenza dai server cloud, aprendo la strada a modelli di AI eseguiti direttamente sui dispositivi personali.
Il progetto è ancora sperimentale, ma i ricercatori sono convinti della sua scalabilità. L’obiettivo a breve termine è migliorare ulteriormente l’accuratezza e rendere il chip compatibile con le piattaforme digitali già esistenti.