Un gruppo di ricercatori statunitensi della California NanoSystems Institute (UCLA) ha sviluppato un materiale capace di emettere luce in maniera stabile, economica e sorprendentemente resistente. Si tratta di una combinazione di disolfuro di molibdeno (MoS₂), un materiale bidimensionale ultrasottile con proprietà elettroniche e ottiche, e Nafion, un polimero elastico già usato nelle celle a combustibile. L’unione tra i due ha dato vita a membrane stampabili e flessibili che brillano in modo intenso e costante, superando i limiti che finora avevano frenato l’impiego pratico di MoS₂.
Il disolfuro di molibdeno è noto da tempo nella ricerca sui cosiddetti materiali 2D, eredi del grafene. A differenza di quest’ultimo, MoS₂ possiede un bandgap diretto, caratteristica che lo rende adatto a interagire con la luce. Il problema, però, è sempre stato duplice: da un lato la fragilità dei singoli strati, dall’altro la luminosità troppo debole per applicazioni concrete. È qui che entra in gioco Nafion, che agisce non solo come supporto meccanico, ma anche come “guaritore” dei difetti superficiali che normalmente spengono l’emissione luminosa. L’effetto è notevole: l’intensità della luce aumenta di ordini di grandezza rispetto al MoS₂ da solo, e il materiale può essere persino stirato senza rompersi.
Il campo della fotonica, il settore che utilizza la luce al posto dell’elettricità per trasmettere e processare informazioni, potrebbe essere il settore a goderne di più da questa scoperta. Già oggi le tecnologie fotoniche sono alla base di laser, fibre ottiche, pannelli solari e fotocamere digitali, ma la prospettiva più affascinante riguarda i computer fotonici. In circuiti di questo tipo, i fotoni non incontrano la resistenza e il riscaldamento tipici degli elettroni, con la conseguenza di velocità molto maggiori e consumi energetici ridotti. Un aspetto che diventa primario se si pensa ad applicazioni affamate di energia come l’AI e il calcolo ad alte prestazioni.
Nel breve termine, il nuovo materiale potrebbe trovare impiego in display flessibili, laser deformabili e sorgenti luminose integrate nei chip. Ma la visione di lungo periodo è quella di dispositivi di calcolo completamente basati sulla luce, capaci di superare i limiti attuali dell’elettronica tradizionale. Lo studio completo è stato pubblicato sul Journal of the American Chemical Society.