Un nuovo passo nella sperimentazione militare statunitense ha mostrato come un drone di grandi dimensioni possa diventare una sorta di “nave madre” per armi più piccole e autonome. General Atomics, insieme ad AeroVironment, ha testato con successo il lancio aereo di due Switchblade 600, un tipo di munizione circuitante, da un velivolo MQ-9A Reaper Block 5. L’esperimento, svolto tra il 22 e il 24 luglio al poligono dell’U.S. Army di Yuma, in Arizona, segna la prima volta in assoluto che questo tipo di arma viene sganciato da un drone e non da un lanciatore terrestre.
Il risultato dimostra che combinare piattaforme senza pilota con capacità differenti può garantire nuove opzioni operative. Da un lato, il Reaper ha potuto restare a distanza di sicurezza da eventuali difese nemiche; dall’altro, lo Switchblade ha esteso il raggio d’azione, mantenendo la capacità di identificare e colpire bersagli con estrema precisione. Durante i test sono stati effettuati due rilasci, uno con una testata inerte e uno con carica esplosiva, entrambi seguiti da una fase di trasferimento del controllo: inizialmente gestiti da un operatore nella stazione di guida del MQ-9A, i droni-kamikaze sono poi passati nelle mani di un team posizionato più vicino alla zona di operazioni.
Il successo dell’integrazione è stato sottolineato da David R. Alexander, presidente di General Atomics Aeronautical Systems, che ha parlato di un “valore concreto per il soldato sul campo” grazie alla combinazione di tecnologie autonome diverse. AeroVironment, che produce lo Switchblade, ha evidenziato come il test abbia confermato la compatibilità dei propri sistemi con il Reaper e la capacità di trasmissione dati in tempo reale. Sono stati raccolti aggiornamenti su navigazione, guida e controllo, dimostrando che la tecnologia è pronta a supportare missioni complesse in scenari operativi difficili.
Il sistema Switchblade 600 non è nuovo ai teatri di guerra: è già stato impiegato da diversi eserciti in contesti reali. La sua peculiarità è la possibilità di essere lanciato da un tubo, volare autonomamente e restare in attesa (“loitering”) fino all’individuazione del bersaglio, che può essere anche un veicolo blindato. L’integrazione con il MQ-9A amplia le possibilità di utilizzo, soprattutto grazie al controllo via satellite (SATCOM), che consente di intervenire su distanze molto maggiori rispetto a quelle coperte dalle unità di terra.
Per AeroVironment, l’esperimento è un modo per dimostrare come sistemi già consolidati possano generare nuove capacità se combinati in maniera intelligente. “Offriamo un supporto diretto al soldato ovunque e in qualunque momento”, ha dichiarato Jimmy Jenkins, vicepresidente esecutivo della divisione Precision Strike & Defense Systems.