Nelle scorse ore Taiwan ha annunciato un provvedimento che potrebbe essere visto come una diretta conseguenza del modo aggressivo e spregiudicato che ha Donald Trump nei negoziati, sostanzialmente trattando un proprio vantaggio economico, la supremazia assoluta nel campo della fabbricazione dei chip, come un’arma politica. La questione nello specifico riguarda Taiwan e il Sud Africa, ma crea un precedente piuttosto pericoloso, e non si può fare a meno di chiedersi chi sarà il prossimo.
Gli screzi tra Taiwan e Sud Africa sono iniziati qualche tempo fa, quando, in seguito a un incontro con il capo di stato cinese Xi Jinping, il Sud Africa ha deciso di spostare la sede dell’ambasciata taiwanese da Pretoria, la capitale, a Johannesburg. Taiwan aveva protestato immediatamente quella che era stata interpretata come un tentativo di marginalizzare Taiwan, che la Cina considera come parte del proprio territorio mentre Taiwan continua a professarsi indipendente, e aveva già minacciato all’epoca ripercussioni se questo scenario si fosse effettivamente avverato.
Xi Jinping dovrebbe tornare in visita in Sud Africa a novembre, e quindi negli scorsi mesi il governo sudafricano ha accelerato il processo di spostamento dell’ambasciata, sempre senza nemmeno consultare Taiwan. Così Taiwan ha mantenuto la sua promessa: ha annunciato nelle scorse ore la restrizione delle spedizioni di semiconduttori e altri 46 prodotti, citando preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Entreranno in vigore entro 60 giorni, a meno che il governo sudafricano non contatti quello taiwanese per negoziare termini migliori.
Il governo sudafricano ha osservato che i suoi legami con Taiwan sono di tipo strettamente non politico, e ha sottolineato che anche il Sud Africa è un anello prezioso della catena globale dei semiconduttori, in quanto produttore di molte terre rare fondamentali nella realizzazione di chip, tra cui il palladio. La Cina ha definito la decisione di Taiwan come "un tentativo deliberato di destabilizzare la supply chain globale dei semiconduttori". È chiaro che la decisione di Taiwan è anche (e soprattutto) un colpo ai danni della Cina, con il Sud Africa che si trova sostanzialmente nel mezzo.
Dal canto suo, Taiwan sembra avere ormai deciso che questo sarà il registro per il futuro: un funzionario governativo locale ha dichiarato a Bloomberg di prevedere l’intensificazione dell’uso della propria forza economica e commerciale per ottenere obiettivi politici e diplomatici, soprattutto nei confronti di “nazioni ostili”.