L’Agenzia Spaziale Europea guarda lontano, letteralmente. Tra gli obiettivi di lungo termine messi sul tavolo c’è una missione destinata a uno dei luoghi più affascinanti del Sistema solare: Encelado, la piccola luna ghiacciata di Saturno che da anni intriga gli scienziati per i suoi geyser di acqua e particelle organiche. L’idea, annunciata al congresso Europlanet Science Congress di Helsinki, è quella di inviare una sonda con orbiter e lander per capire se sotto il suo guscio di ghiaccio possa nascondersi la vita.
La tempistica è imponente: se il progetto riceverà l’approvazione politica e i finanziamenti necessari, il via libera formale potrebbe arrivare nel 2034. Il lancio, affidato alla versione più potente del razzo Ariane 6, avverrebbe intorno al 2042, con un arrivo previsto nel sistema di Saturno nel 2053. Dopo oltre dieci anni di crociera interplanetaria, la sonda inizierebbe una lunga campagna di osservazioni, sorvolando più volte Encelado e altre lune, raccogliendo materiale direttamente dai getti che fuoriescono dalle fratture del polo sud. Solo in una fase successiva, stimata intorno al 2058, si passerebbe al delicatissimo tentativo di atterraggio.
Il motivo di tanto interesse è legato alle scoperte della missione Cassini della NASA, che tra il 2005 e il 2017 rivelò come il satellite nasconda un oceano globale sotto la superficie e come le sue fratture polari emettano acqua liquida arricchita di sali e molecole organiche. Condizioni che, sommate a una fonte di energia interna, delineano un ambiente che potrebbe ospitare forme di vita microbiche. Per questo l’ESA vuole puntare su un doppio approccio: da un lato l’orbiter, utile a studiare i geyser e a mappare con precisione la superficie, dall’altro un lander in grado di analizzare direttamente il ghiaccio e magari perforarlo in cerca di tracce biologiche.
Il progetto Encelado sarà un banco di prova tecnologico cruciale per l’Europa, poiché richiederà nuove capacità di assemblaggio in orbita, strumenti scientifici di frontiera e sistemi di atterraggio in ambienti estremi. Secondo Jörn Helbert, ricercatore dell’ESTEC (il centro tecnologico dell’ESA), queste competenze avranno ricadute anche al di fuori delle missioni spaziali, aprendo la strada a tecnologie che potranno essere utilizzate in altri settori.
Encelado soddisfa tre condizioni considerate essenziali per la vita come la conosciamo: acqua liquida, energia e i giusti elementi chimici. Dare una risposta alla domanda se ci sia davvero vita sotto il suo guscio ghiacciato richiederà decenni di lavoro, ma il solo fatto che l’ESA abbia inserito questo obiettivo nella sua roadmap fino al 2050 testimonia la portata della sfida.