Fare coming out da "grandi": succede di più alle donne, perché sono educate a compiacere gli altri (meglio tardi che mai)

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(La redazione di fem) Sep 15, 2025 · 5 mins read
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Drew Barrymore, 50 anni, ha fatto coming out come bisessuale (o queer) quest'anno, nel 2025. Ne ha parlato casualmente nel corso di un'intervista per Contact Music: "Mi sono sempre considerata bisessuale", ha detto, descrivendo anche come vive il sesso con una donna: "è come esplorare il tuo stesso corpo attraverso quello di un'altra persona". 

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La notizia del coming out tardivo dell'attrice è stata dichiarata falsa: nel senso che pare che si sia sempre dichiarata bisessuale. Comunque, non sarebbe l'unica ad averlo detto da adulta: pare che tra le donne cis sia più frequente che mai fare coming out sul proprio orientamento sessuale, diciamo, "tardi".

Che non significa non aver vissuto il proprio orientamento sessuale autenticamente: significa dirlo tardi. Va da sé che in una società davvero equa nessuna persona dovrebbe fare coming out (le persone etero non lo fanno). Ma non siamo ancora lì. Quindi tra chi sceglie di farlo per una questione politica e chi sente la pressione sociale, quella del coming out tardivo è una storia.

in che senso "coming out"

Partiamo da un dato: nella cultura dominante, l’eterosessualità non è una possibilità tra le altre: è la norma che ci viene cucita addosso fin dall’infanzia. Nessuno si pone un problema quando un bambino di otto anni si dice innamorato della compagna di classe, ma se dovesse dichiararsi innamorato del compagno di classe ancora in molti gli direbbero che è confuso.

È il prodotto del ciseteropatriarcato, quel sistema che stabilisce che il desiderio femminile debba essere diretto agli uomini e viceversa, che la maternità sia un destino naturale, che l’amore, l'attrazione sessuale, verso altri generi e identità siano un’eccezione. In questo quadro, non sorprende che molte donne scoprano o dichiarino la propria omosessualità solo più tardi nella vita, spesso dopo i 40 o i 50 anni.

gli studi che registrano i coming out tardivi delle donne lesbiche

La professoressa Lisa Diamond, associata di Psicologia e studi di genere all'Università dello Utah, ha condotto alcune ricerche sui cambiamenti dell'orientamento sessuale tra le donne cisgender e per 15 anni ha seguito un gruppo di 79 donne: ogni due anni, il 20-30 per cento di loro cambiava il modo in cui si descrive come gay, eterosessuale o bisessuale. Alla fine dello studio, il 70 per cento aveva cambiato (o meglio, riconosciuto) il proprio orientamento sessuale.

Diamond ha teorizzato che l'identità sessuale delle donne è molto più fluida di quella degli uomini e che, invecchiando, le donne iniziano a rivalutare ciò che vogliono veramente dalla vita, dalle relazioni, dal sesso.

Un altro ricercatore, un altro studio: Christan Moran della Southern Connecticut State University, ha intervistato più di 200 donne over 30 sposate con uomini che si sono trovate attratte da una donna e ha concluso che le donne che si definiscono eterosessuali possono "provare una prima attrazione per lo stesso sesso anche in età adulta". Molte lesbiche parlano delle pressioni sociali, culturali, familiari o religiose che hanno ostacolato l'esplorazione o l'espressione della propria sessualità e per molte, durante la giovane età, dichiararsi non era solo malvisto, ma anche pericoloso.

questione di pressioni sociali, famigliari, religiose

Non ci rendiamo conto abbastanza di quanto siano sottili e insistenti le pressioni sociali che riceviamo da quando nasciamo, di quanto la normalizzazione di orientamenti sessuali - come di qualsiasi altra cosa - incida sulla nostra capacità di esprimerci, di desiderare, di esplorare. E vale per la scelta del partner, che per gli studi, che per il modo in cui mangiamo, ci vestiamo, parliamo.

Quando si parla di coming out tardivi non si tratta di sciogliere un nodo di “confusione”, né di un “ritardo” nella maturazione personale: è una liberazione prima di tutto dalle impalcature che noi stesse teniamo insieme, senza nemmeno rendercene conto. Subire la "pressione sociale" o "familiare" non significa necessariamente venire minacciate dai genitori, significa anche escludere a priori di essere lesbiche, ignorare la voce interiore che spinge verso una donna che consideriamo attraente, fuggire dalla propria reale identità senza che nessun altro/a sia coinvolto.

Molte donne crescono coltivando comportamenti di people pleasing senza nemmeno accorgersene: sposare un uomo, fare figli, aderire a un copione eteronormativo, anche quando dentro sentono una tensione sotterranea che non trova nome. Fino a che, a volte, eventi di rottura, un divorzio, la fine di un matrimonio, i figli che lasciano casa, persino la vedovanza, aprono uno spazio per guardarsi dentro.

Prendiamo a esempio la storia di Lily Tomlin, attrice amata per il suo ruolo in Grace e Frankie,  che racconta bene questa dinamica. Negli anni Settanta le fu proposto di fare coming out come lesbica in cambio della copertina del Time. Rifiutò. Non voleva che la sua carriera fosse ridotta alla sua identità sessuale ma soprattutto aspettava che la madre morisse per "uscire dall'armadio" pubblicamente.

la mancanza di rappresentazioni credibili

Per le donne, stando a gli studi, il percorso verso il coming out è più accidentato rispetto a quello degli uomini gay. Non solo perché la sessualità femminile è stata a lungo invisibile, ridotta a “fase passeggera” o ipersessualizzata dallo sguardo maschile, ma anche perché mancavano modelli. Senza rappresentazioni credibili nei media, senza comunità accessibili, molte hanno vissuto decenni senza trovare parole o specchi in cui riconoscersi. Oggi la visibilità è cresciuta: serie tv, film, figure pubbliche mostrano possibilità che una volta erano negate. Ma questa conquista arriva tardi per chi è cresciuta in epoche più ostili.