Una battaglia durata anni, tra ricorsi, vuoti normativi e atti di coraggio amministrativi. Con la sentenza n. 68 del 2025, la Corte Costituzionale dichiara incostituzionale il divieto di riconoscere entrambe le madri nei certificati di nascita. Una svolta che cambia il destino di tante famiglie e ribalta la narrazione politica degli ultimi anni.
Una sentenza che cambia la storia: la Corte Costituzionale dice sì ai figli di due mamme!
Un figlio, due mamme e un’Italia che, dopo anni di silenzi e ostacoli, compie un passo decisivo verso il riconoscimento dei diritti delle famiglie omogenitoriali. Con la sentenza n. 68 depositata il 22 maggio 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto di registrare come genitori entrambe le madri di un bambino nato attraverso procreazione medicalmente assistita (PMA) effettuata all’estero. Un verdetto destinato a segnare la giurisprudenza italiana, e che riconosce il diritto dei figli a una doppia genitorialità. È una pagina nuova, che parla di uguaglianza, dignità, ma soprattutto di diritti dei minori.
La questione sollevata dal tribunale di Lucca
Il caso arriva alla Corte tramite il Tribunale di Lucca, che contesta la legittimità di alcune norme della legge 40 del 2004 e del codice civile. Al centro, la possibilità per la madre intenzionale – quella che non ha partorito ma ha condiviso la scelta della PMA – di essere riconosciuta come genitore. Un riconoscimento negato finora in Italia, dove la legge limita l’accesso alla PMA alle coppie eterosessuali. Il giudice toscano evidenzia l’assenza di una normativa coerente e i dislivelli interpretativi tra i vari Comuni, chiedendo alla Corte se tutto ciò sia compatibile con la Costituzione.
La decisione della Consulta
La risposta arriva forte e chiara: sì al riconoscimento, perché negarlo significa violare l’identità del minore. La Corte dichiara l’incostituzionalità dell’articolo 8 della legge 40, nella parte in cui non prevede il diritto del bambino nato da PMA all’estero a essere figlio anche della madre che ha prestato il consenso alla pratica. Secondo la Consulta, non si tratta solo di una questione di uguaglianza tra coppie, ma di tutela del minore: “il mancato riconoscimento fin dalla nascita dello stato di figlio di entrambi i genitori lede il diritto all’identità personale del minore”.
Il ruolo fondamentale dell’interesse del bambino: la discriminazione è incostituzionale
Nessuna ideologia, nessuna crociata, solo diritti fondamentali. La Corte sottolinea come la decisione derivi da due principi chiave: da una parte, la responsabilità condivisa assunta dalla coppia nel momento in cui sceglie la PMA; dall’altra, il superiore interesse del minore, che ha diritto ad avere due genitori giuridicamente riconosciuti. E che questo valga “sin dalla nascita”, per garantire “uno stato giuridico certo e stabile”.
Padova, il coraggio della legalità
Se oggi la sentenza è realtà, è anche merito di chi ha continuato a registrare i bambini con due mamme nonostante i divieti ministeriali. Come Sergio Giordani, sindaco di Padova, che commenta: “Oggi vincono i diritti fondamentali di tutte e tutti. Guardare negli occhi quei neonati e quelle mamme resta tutt’oggi una delle emozioni più grandi che ho provato”. Il Comune veneto ha registrato 41 figli di due madri, sfidando il blocco imposto nel 2022 dal Ministero dell’Interno e affrontando una valanga di ricorsi, poi dichiarati inammissibili.
Le parole di Alessandro Zan: giustizia per le famiglie arcobaleno
A festeggiare è anche l’europarlamentare del Pd Alessandro Zan, da sempre in prima linea sui temi dei diritti civili. “Oggi la Corte smonta la crociata ideologica del Governo Meloni contro le famiglie arcobaleno”, ha dichiarato. “Questa sentenza fa giustizia per tante famiglie e tanti bambini e bambine trattati come figli di serie B. Il Parlamento ora approvi una legge che garantisca a tutte e tutti gli stessi diritti”. Zan ha anche ringraziato Rete Lenford, l’associazione che ha promosso i ricorsi, e i sindaci “che hanno sostenuto questa causa di civiltà”.
Una conquista, ma con ancora dei limiti: per le donne single c'è ancora in corso una raccolta firme
La pronuncia della Corte, per quanto epocale, non rimuove tutte le disuguaglianze. Resta infatti in vigore il divieto per le donne single di accedere alla PMA, ritenuto legittimo dalla Consulta. Un limite che continua a pesare sull’autodeterminazione femminile in ambito genitoriale e che lascia aperto il dibattito sul futuro della legge 40.
Il vuoto normativo e la necessità di una legge
Il vuoto legislativo che ha generato anni di incertezze e ingiustizie resta ancora da colmare. La decisione della Consulta può essere una pietra miliare, ma serve una riforma parlamentare chiara che sancisca una volta per tutte i diritti delle famiglie omogenitoriali. Il messaggio è chiaro: le leggi devono proteggere i bambini, non punire i genitori.
Dalla Corte al Parlamento: e adesso cosa cambia?
Dopo la sentenza, la palla passa alla politica. I giudici hanno fatto il loro, ora tocca al Parlamento recepire il principio costituzionale e tradurlo in una norma generale che non lasci più spazio a discrezionalità locali o interpretazioni ideologiche. L’Italia è chiamata a scegliere se continuare a rincorrere la realtà o affrontarla con responsabilità.