Un gruppo internazionale di fisici ha messo a punto una metodologia inedita per supportare le indagini scientifiche sui fenomeni aerei non identificati (UAP), tema su cui anche la NASA ha concentrato crescentemente la sua attenzione negli ultimi anni. Il progetto coinvolge oltre 30 ricercatori e si fonda sull’impiego di strumenti già noti nel campo della fisica teorica, in particolare quelli usati per studiare la materia oscura, combinati con un'intelligenza artificiale addestrata appositamente.
Alla guida dell’iniziativa c'è Matthew Syzdagis, docente associato di fisica presso l’Università di Albany, il quale ha collaborato con studiosi di diversi Paesi per adattare metodologie scientifiche consolidate a un contesto da sempre controverso come quello degli UAP, noti anche come UFO. Sebbene la cultura popolare continui a suggerire scenari extraterrestri, gli scienziati coinvolti si concentrano su spiegazioni verificabili: errori di identificazione, droni, fenomeni atmosferici o velivoli militari sperimentali.
Uno degli strumenti chiave dell'approccio è un software battezzato Custom Target Analysis Protocol (C-TAP), progettato per analizzare i dati visivi e a infrarossi fotogramma per fotogramma. L’algoritmo impiega il machine learning per distinguere i segnali reali da quelli che possono essere semplicemente rumore digitale, e lo fa affiancando l’analisi automatica con una verifica da parte di esperti umani. Il sistema è stato pensato prendendo spunto dalle tecniche usate nella caccia alla materia oscura, dove anche minimi segnali possono nascondere indizi fondamentali.
Non solo AI, però. Il team ha anche incrociato dati meteorologici pubblici forniti dal National Weather Service con registrazioni video e misurazioni di radiazioni ionizzanti tramite il sistema Cosmic Watch. Questo consente di capire se un avvistamento è stato anche accompagnato da segnali fisici rilevabili da strumenti scientifici. Inoltre, ogni osservazione è stata analizzata dal punto di vista trigonometrico per escludere la presenza di satelliti o della Stazione Spaziale Internazionale.
Una prima applicazione pratica del metodo è avvenuta nel 2021 durante un’indagine a Laguna Beach, in California, quando era stato segnalato un picco di presunti avvistamenti. Il gruppo di ricerca ha passato al vaglio oltre 600 ore di dati infrarossi, 55 ore di misurazioni di fondo radiativo e un’ora di registrazioni visive. In quasi tutti i casi, le anomalie identificate sono state spiegate in modo plausibile. Un'unica eccezione è rimasta in sospeso: un insieme di punti bianchi luminosi all’interno di un’area scura, rilevati da più videocamere. Ma anche questo fenomeno, pur suggestivo, non può ancora essere considerato realmente inspiegabile.
Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Progress in Aerospace Studies e rappresenta probabilmente uno dei tentativi più rigorosi degli ultimi anni per creare un protocollo replicabile e verificabile da altri studiosi. Il professor Kevin Knuth, coautore dello studio, ha sottolineato come l’indagine scientifica su questi fenomeni, spesso trascurati o trattati con superficialità, possa avere implicazioni significative anche per la sicurezza aerea e nazionale.
L’obiettivo a lungo termine è rendere l’analisi degli UAP un’attività rispettata e sistematizzata, slegata dalle speculazioni e radicata nel metodo scientifico, affinché ogni avvistamento possa essere studiato con gli stessi criteri con cui si esplorano i misteri dell’universo.