Forse non è mai successo: i ricordi "mentono" e ci restituiscono un passato migliore, non quello reale

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(La redazione di fem) Jun 27, 2025 · 3 mins read
Forse non è mai successo: i ricordi
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Cosa ricordiamo davvero del passato? Perché pare che il nostro cervello menta spudoratamente, consegnandoci delle versioni rivedute, corrette e soprattutto dolcificate di giornate che pensiamo di ricordare come fosse ieri. A indagare sul funzionamento della memoria è stato Nick Chater, professore di Scienze Comportamentali alla Warwick Business School di Coventry, in Inghilterra: lo studio emerso sfida l’idea che il cervello sia un archivio puntuale e ben organizzato del nostro vissuto. Anzi.

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La tesi prodotta dal team di ricerca, in sintesi, è che la mente non contiene verità psicologiche profonde, ma improvvisa storie coerenti sui ricordi, adattando il passato al presente. Nel suo libro The Mind Is Flat, il professor Chater sostiene che l'idea di un inconscio profondo, con desideri o convinzioni sepolte, sia in realtà un racconto post hoc che ci raccontiamo per spiegare il nostro funzionamento oggi. Cioè, sulla base del nostro oggi, dei desideri e delle paure, rielaboriamo il nostro ieri. 

il meccanismo della nostalgia "furba"

Secondo Chater, il cervello funziona più come un narratore che costruisce, in tempo reale, una trama dei nostri ricordi e delle nostre azioni, piuttosto che come un contenitore-laboratorio dove vengono conservate le memorie. La mente non somiglia a un oceano con abissi nascosti, ma piuttosto a una superficie piatta che genera continuamente interpretazioni e narrazioni.. Ed ecco che arriviamo al meccanismo della nostalgia "furba".

Quando il passato viene filtrato anche dal sentimento della nostalgia, quelli che percepiamo come i bei vecchi tempi raramente corrispondono a ciò che davvero sono stati. È piuttosto una selezione emotiva che accentua i momenti felici e attenua quelli brutti. A volte li cancella direttamente. Il cervello, infatti,  tende a mettere in rilievo esperienze positive, rimodellandole in base a come ci sentiamo nel qui e nell'ora e sulla base della storia che vogliamo raccontarci di noi, del nostro vissuto. Il risultato è chiaramente una memoria che mente, non di proposito, ma per una sorta di bisogno narrativo.

Chater sostiene che, nel tentativo di mantenere una coerenza narrativa personale, la mente “improvvisa”, attingendo e aderendo a delle tradizioni mentali piuttosto che a delle credenze stabili. La nostalgia diventa così una sorta di filtro emozionale: ci mostra un montaggio hollywoodiano del passato, lasciando fuori gli errori, la noia, la sofferenza quotidiana o quelle extra ordinarie che ahinoi, nella vita, capitano. 

il cervello riscrive ma inventa anche da zero

Non è l'unico studioso ad essersi appassionato al tema: nel tempo, la psicologia cognitiva ha stabilito che le emozioni consolidano i ricordi: l’amigdala, attivata durante eventi emotivi, rafforza la memorizzazione tramite interazione con l’ippocampo sia durante la fase di codifica, sia durante il consolidamento (anche nel sonno).

E mentre i ricordi positivi mantengono il loro carico emozionale nel tempo (effetto “Fading Affect Bias”), quelli negativi diventano meno vividi, aggiungendo filtri mentali per rimodulare la visione del passato di modo che appaia migliore. Ma a quanto pare la memoria non è solo selettiva è anche ricostruttiva: la mente umana tende, quindi, a riempire dettagli mancanti per sostenere una trama coerente.

Questi processi sono del tutto involontari e incontrolabili, ma non totalmente innocui: quando diciamo che ieri stavamo alla grande, non stiamo semplicemente confrontando passato e presente, ma stiamo costruendo un racconto emotivo che soddisfa un desiderio di coerenza o di senso. E spesso questa storia nascosta scatena malintesi, conflitti interpersonali o idealizzazioni tossiche di sé e degli altri. Il messaggio di base però, non è pessimista. Anzi: capire che la nostra memoria è creativa e costruttiva può essere liberatorio.

fare pace con un passato che forse non è mai esistito

Riconoscere che il nostro passato è reinterpretato significa smettere di cercare spiegazioni assolute sui “perché” delle nostre scelte o emozioni per imparare a legittimarle senza farsi troppe domande. Un po' come le persone che tirano fuori traumi del passato (ma a questo punto chissà se sono reali) per giustificare i comportamenti orrendi del loro presente.