Negli ultimi anni Google aveva dedicato un buon numero di risorse sulla propria piattaforma Google TV, frutto dell’unione tra Android TV e Chromecast sotto un unico marchio nel 2020, arrivando a contare 270 milioni di dispositivi attivi mensilmente a fine 2024. Ma dietro questa crescita si nasconde un problema di fondo: la difficoltà nel monetizzare in un mercato dominato da colossi come Amazon e Roku.
Il nodo principale riguarda la pubblicità, tradizionalmente il cuore del modello di business delle smart TV. Google, in linea con altri operatori, chiedeva agli editori una parte del proprio inventario pubblicitario per poi venderlo direttamente. Tuttavia, nel corso del 2024 ha cambiato rotta, restituendo il controllo degli spazi ai fornitori di contenuti e trattenendo solo una quota dei ricavi. Una mossa che molti analisti leggono come un tacito riconoscimento del fatto che gli editori stessi sanno monetizzare meglio il proprio pubblico.
Parallelamente, YouTube – il vero gigante dello streaming di casa Google – ha continuato a macinare record. A febbraio 2025 ha raggiunto l’11,6% di tutta la visione televisiva negli Stati Uniti, con ricavi pubblicitari per 9,8 miliardi di dollari in un solo trimestre. Una performance che ha inevitabilmente spostato l’attenzione interna: molti dirigenti si chiedono se non sia più redditizio concentrare investimenti e risorse su YouTube, piuttosto che sostenere una concorrenza sempre più costosa nel mercato delle smart TV.
Fonti interne parlano già di riduzioni di budget per Google TV, con impatti sul personale e sulla capacità di offrire premi ai rivenditori. Secondo quanto riportato da The Information e The Verge, l’azienda starebbe anche tentando di rinegoziare o abbreviare i contratti commerciali più onerosi. Nonostante ciò, un’uscita totale dal settore non sembra probabile: Google TV potrebbe restare parte dell’ecosistema consumer, ma con un ruolo più ridotto, simile alla strategia di Apple nel comparto televisivo.