I sacchetti di plastica del futuro sono fatti coi tralci di vite

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HDblog.it Aug 13, 2025 · 2 mins read
I sacchetti di plastica del futuro sono fatti coi tralci di vite
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Attualmente, la maggior parte degli imballaggi impiegati dalle industrie è monouso e realizzata con materiali plastici derivati da fonti non rinnovabili (petrolio greggio). Solo il 9% di questi materiali viene poi riciclato; moltissimi rifiuti finiscono piuttosto nell'ambiente, dove impiegano centinaia di anni prima di decomporsi. Nel mare arrivano addirittura a formarsi cumuli galleggianti di plastica ("garbage patch"), impressionanti a vedersi. Ma forse ancora più preoccupante è quello che non vediamo, ovvero le micro e nano-plastiche che vengono ingerite o inalate da esseri umani e animali e che si trovano letteralmente ovunque, secondo recenti studi. Studi che però dicono poco sugli effetti a lungo termine sulla salute, essendo i dati a disposizione ancora limitati.

I rifiuti plastici che più spesso si accumulano nell'ambiente sono i sacchetti di plastica, quelli che si trovano nella maggior parte dei negozi al dettaglio. Osservando questo, alcuni ricercatori della South Dakota State University hanno provato a sviluppare delle alternative compostabili… dai tralci della vite.

Perché proprio la vite? Be', perché è ricca di cellulosa, e l'idea è proprio quella di realizzare delle borse di cellulosa, un materiale molto resistente (ci facciamo già la carta e i vestiti) e "green" per definizione.

La cellulosa, grazie ai forti legami idrogeno e a una catena di molecole di glucosio, conferisce alle piante resistenza strutturale e rigidità, insieme ad altri biopolimeri come mannano, xilosio, emicellulosa e lignina.

Insomma, a partire da essa, il professor Srinivas Janaswamy ha realizzato una serie di pellicole ognuna con caratteristiche e proprietà diverse: alcune sono più trasparenti di altre; altre sono più resistenti. In media, tutte si decompongono completamente in soli 17 giorni.

L'altro motivo per cui si sono scelti i tralci è che ogni anno, dopo la vendemmia, ne risultano in abbondanza e hanno un utilizzo limitato. Spiega la professoressa Anne Fennell, anche lei coinvolta nel progetto:

I rami potati vengono falciati, compostati e riapplicati al terreno, oppure bruciati in alcune aree. Una ricerca in Australia ha dimostrato che le potature possono essere rimosse dal campo ad anni alterni senza compromettere la salute del suolo. Ho pensato: perché non utilizzare questo materiale per film a valore aggiunto? Molti dei materiali che Janaswamy utilizzava in precedenza avevano un alto contenuto di acqua, al contrario la potatura invernale produce un materiale denso di cellulosa con un basso contenuto di acqua, il che li rende un materiale ideale con cui lavorare.

"In precedenza" erano stati impiegati altri scarti come bucce di avocado, gusci di soia, erba medica, panico verga, fondi di caffè, pannocchie di mais e bucce di banana. Ma il risultato migliore l'ha dato proprio la vite: è bastato farla essiccare e macinare, estrarre il residuo cellulosico, solubizzarlo e colarlo su lastre di vetro per creare i film. Il test finale ha poi assicurato che queste pellicole (e buste, in potenza) sono più resistenti alla trazione dei normali sacchetti del supermercato.