Il (pericoloso) gioco dello smartphone in culla: bambini e bambine cominciano a due mesi

https://www.alfemminile.com/genitorialita/il-pericoloso-gioco-dello-smartphone-in-culla-bambini-e-bambine-cominciano-a-due-mesi/

(La redazione di fem) Nov 08, 2025 · 3 mins read
Il (pericoloso) gioco dello smartphone in culla: bambini e bambine cominciano a due mesi
Share this

È un gran parlare di esposizione mediatica di bambini e bambine (sharenting) ma ci sono altri dati che dovrebbero farci riflettere: secondo il report dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), all’interno della sorveglianza nazionale Sistema di Sorveglianza Bambini 0‑2 anni il 22,1 per cento dei bambini di età tra 2 e 5 mesi risulta già esposto a televisione, computer, tablet o telefono cellulare.

Il trailer di “Avetrana – Qui non è Hollywood”: il true crime italiano di Disney+ che ha conquistato i Nastri d’Argento

In quella stessa fascia d’età, a livello territoriale la quota varia: dal 13,6% nella Provincia Autonoma di Trento fino al 30,3% in Sicilia e Puglia. Per quanto riguarda il tempo di esposizione, tra i bambini e bambine tra i 2 mesi e i 5 mesi, la percentuale che trascorre almeno 1-2 ore al giorno davanti allo schermo va dallo 1,9 per cento (Veneto) al 9,1 per cento (Calabria). L’esposizione aumenta con l’età: tra i bambini e le bambine di circa un anno (11-15 mesi) la quota che passa almeno 1-2 ore al giorno davanti a uno schermo arriva a variare tra il 6,5 per cento (Trento) e il 39,3 per cento (Calabria). 

Il rapporto sottolinea che nelle regioni del Sud Italia i livelli sono più elevati. Le - consuete - disuguaglianze territoriali ci dicono che il problema è strutturale: risorse di supporto alla genitorialità, contesti familiari, orari di lavoro dei genitori, accesso a servizi educativi e ricreativi possono influenzare il quando e il quanto un bambino viene lasciato solo davanti allo schermo. 

Questi numeri non sono solo “statistiche” ma indicano un fenomeno reale, con ampiezza e variabilità sul territorio, che richiede la massima attenzione da parte delle comunità educanti: famiglie, scuole, istituzioni.  

Perché il cellulare sotto i due anni è un problema

Conoscendo questi dati possiamo anche parlare dei danni e non per fare allarmismo, ma per capire meglio come e dove intervenire. Nei primissimi mesi di vita, il bambino costruisce relazioni, riconosce voci, impara a distinguere espressioni facciali, interagisce con l’adulto. Lo schermo, soprattutto se usato come distrazione passiva, non offre la stessa ricchezza di segnali e feedback di un adulto reale.

Quando un bambino guarda uno schermo per ore, perde opportunità di esplorazione attiva, di toccare, percorrere, sperimentare: tutte esperienze fondamentali. Alcune ricerche di Save the Children Italia segnalano associazione tra uso precoce e prolungato di schermi e ritardi nel linguaggio, irritabilità, minore capacità di autocontrollo.

Gli schermi retroilluminati e la stimolazione visiva e uditiva possono interferire con il ritmo sonno-veglia dei piccoli e delle piccole e questo può avere ripercussioni sul benessere generale, sull’attenzione e sulla regolazione emotiva.

In pratica: un bambino che perde ore delicate del giorno davanti allo schermo ha meno tempo per il movimento, il contatto umano, la scoperta e questo può generare un effetto a catena.

Effetto sostituzione / dipendenza comportamentale

Se lo schermo diventa un surrogato della presenza dell’adulto — del gioco, dell’attenzione, della voce — allora si entra in un meccanismo secondo cui il bambino “impara” ad attendersi stimoli passivi, anziché attivi. Ancora Save the Children suggerisce che l’uso molto precoce dei dispositivi elettronici può influenzare circuiti neurologici legati alla ricompensa e alla dopamina, predisponendo a forme di uso eccessivo o dipendenza da schermo.

Ma non è tutto: ogni ora passata davanti a uno schermo è un’ora sottratta al mondo reale e alla generazione di competenze di base. Per bambini sotto i 2 anni, l’uso di schermi dovrebbe essere evitato oppure strettamente limitato e con adulto presente, come indicano le raccomandazioni dello stesso Istituto Superiore della Sanità.

Quando un dispositivo viene usato, non deve diventare un surrogato dell'adulto, una sorta di "padre/madre 2.0": l’adulto deve rimanere, partecipare, commentare, instaurare dialogo, trasformare il momento da ricezione passiva a interazione condivisa.