In tema di aborto l'Europa ha due facce: chi lo inserisce in Costituzione e chi si ostina a boicottarlo

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(La redazione di fem) Oct 14, 2025 · 3 mins read
In tema di aborto l'Europa ha due facce: chi lo inserisce in Costituzione e chi si ostina a boicottarlo
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Al momento la Francia è il primo ed il più chiaro caso di diritto all’aborto enunciato esplicitamente nella Costituzione mentre altri Paesi europei hanno diciture più vaghe o implicite.

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A schierarsi in favore dei diritti riproduttivi arriva la Spagna che è in cammino per garantire il diritto a interrompere la gravidanza universalmente: il governo guidato da Pedro Sánchez ha infatti annunciato l’intenzione di inserire nella Costituzione il diritto all’aborto, quarant’anni dopo aver depenalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza. L’obiettivo è consolidare legalmente un diritto che già oggi è regolato ma vulnerabile a possibili ritorni all’ideologia restrittiva, soprattutto in un contesto globale in cui i diritti riproduttivi (e i diritti individuali in generale) sono sotto pressione.

garantire il diritto ma anche che si sappia: le informazioni da fornire

Tra le misure annunciate c’è anche la volontà di imporre che le informazioni fornite alle donne sull’aborto siano basate su dati scientifici e non su teorie pseudoscientifiche come la cosiddetta “sindrome post-aborto”, attualmente spinta da alcuni gruppi conservatori anche detti "anti scelta" (no choice). La sindrome che, ripetiamo, non esiste, consisterebbe in un mix letale di sensi di colpa, angoscia e depressione legati a un'esperienza negativa di aborto. La comunità scientifica ovviamente non la riconosce ma piuttosto riconosce che l'interruzione di gravidanza può avere conseguenze psicologiche dovute allo scarso supporto sociale.

Occorre qui confrontarsi con l'Italia: la legge c'è ma pure l'obiezione di coscienza nei limiti economici (per legge dovrebbe essere gratuito). Quindi mentre la Spagna si muove verso una garanzia costituzionale, l’Italia resta una realtà molto più fragile, nonostante la legge 194 del 1978 garantisca l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG).

l'italia dell'obiezione: un problema sistemico e antidemocratico

Sappiamo che nella realtà gli ostacoli all'esercizio di questo diritto sono più che concreti e nei fatti mettono in discussione l’effettiva applicazione del diritto. Secondo le fonti in Italia almeno 15 ospedali (il dato più basso) sostengono che il 100 per cento dei ginecologi e delle ginecologhe siano obiettori di coscienza, ossia rifiutino per motivi etici/religiosi di praticare aborti.

L’Associazione Luca Coscioni segnala che negli ospedali con questi profili si è arrivati a oltre venti strutture. Nel Lazio un esposto congiunto di Luca Coscioni e AIED denuncia che in 12 ospedali su 31 non è attivo il servizio IVG, mentre il 91 per cento dei ginecologi sono obiettori. La stessa legge 194 prevede l’obiezione di coscienza all’articolo 9 per il personale “direttamente e specificamente” coinvolto nell’IVG, ma non per l’assistenza precedente o successiva. Ciò significa che il personale obiettore può sottrarsi all’atto abortivo, ma deve restare coinvolto in altre fasi, almeno per legge. Poi è ovvio che nella pratica questa distinzione viene aggirata e l’obiezione diventa quasi totale in molte strutture.

Parlando poi di limiti economici che non dovrebbero esserci e di servizi territoriali, il divario nord / sud è immenso: le regioni del Sud mostrano una percentuale molto più alta di obiettori, e in alcune zone il servizio è difficilissimo da ottenere. Nei fatti gli spedali pubblici con carenza di personale non obiettore fanno affrontare alle donne tempi di attesa lunghi, o costringono a ricorrere a cliniche private, con costi eccessivi, oppure a spostamenti interregionali che implicano costi, trasporti e permessi per assentarsi dal lavoro. Criticità queste, che emergono nelle denunce e segnalazioni che ogni anno giungono agli osservatori indipendenti e alle associazioni che tutelano i diritti riproduttivi.

Anche in varie inchieste giornalistiche e report di ONG (come Laiga) emergono casi di ostacoli dovuti non solo all’obiezione ma anche a carenze informative, segnaletica inadeguata, disorientamento, difficoltà burocratiche e mancanza di indicazioni nei pronto soccorso o nei reparti per accedere al servizio abortivo.