Irene Camber, una medaglia e una laurea che hanno segnato la storia dell'Italia

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(La redazione di fem) Jun 26, 2025 · 4 mins read
Irene Camber, una medaglia e una laurea che hanno segnato la storia dell'Italia
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Trieste è terra di confine. Un luogo conteso a lungo, prima nella storica contrapposizione risorgimentale tra Italia e Austria, quindi in quella politico-internazionale con la Jugoslavia, dopo la Seconda guerra mondiale. Ma è anche un luogo di incontro tra popoli, che ha generato una ricchezza culturale e sportiva importante per il nostro Paese. Lo racconta la vita di Irene Camber, straordinaria fiorettista che a Trieste nasce il 12 febbraio 1926.

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Il padre è il magistrato e poeta Giulio Camber Bani. È un figlio dell'impero asburgico, che lo chiama poco più che ventenne a combattere nella Grande Guerra. Lui diserta per l'Italia e si arruola insieme con l'amico Enrico Elia, che muore tra le sue braccia sul Podgora. Una esperienza all'origine di una produzione poetica di spirito risorgimentale, con versi ripresi nei testi scolastici. Irene è la seconda di tre fratelli, che si ritrovano in una palestra di scherma perché Riccardo (il più grande) preoccupava la mamma: studiava troppo e non faceva attività fisica. La donna individua un circolo che accoglie ragazzi e ragazze, così si aggregano anche le sorelle. Dei tre, Irene si rivela subito la più dotata e la nota Carlo De Palma, a lungo suo maestro. Nel 1940 vince un torneo regionale a Udine, indossando finalmente la prima tenuta da pedana e la prima maschera. Due anni dopo raggiunge la finale dei campionati italiani nel frattempo, però, l'esistenza familiare è sconvolta non solo dal conflitto, ma anche dalla morte del padre: magistrato di guerra, nel 1941 è stato trasferito in Albania, dove è fatale una caduta dal cavallo. Irene decide di mettere da parte la scherma e di dedicarsi allo studio, per aiutare la madre.

UN DUELLO INFINITO

Raggiunge così la sorella Giulietta a Padova, dove studia Lettere. Qui si laurea nel 1950 in Chimica industriale, è la prima donna a riuscirvi. Ma il richiamo della pedana, nel frattempo, è tornato irresistibile. Ha ripreso nel 1946 con il maestro Guido Comini nella città veneta, nel 1948 fa parte della spedizione azzurra a Londra, i primi Giochi del dopoguerra. Prende il posto della concittadina Silvia Strukel, che perde la gara decisiva nelle qualificazioni a Bellagio, sul lago di Como. «Dissi al presidente della giuria che doveva andare lei - raccontò Camber -, era decisamente più forte. Non mi ascoltarono». Nella capitale britannica debutta raggiungendo la semifinale, antipasto a quanto sarebbe successo quattro anni dopo. Quella di Helsinki è una Olimpiade che segna un'epoca, per la prima volta vi prende parte l'Unione Sovietica in un clima dettato dalla Guerra Fredda che la oppone agli Stati Uniti, con i rispettivi alleati. Una situazione ancora più tesa per la Finlandia, che ha in Mosca uno scomodo vicino di casa: alla cerimonia inaugurale lo stadio si zittisce all'ingresso della squadra sovietica. Camber compie qui la sua impresa, regalando all'Italia la prima medaglia d'oro femminile nella scherma e l'unico oro di una donna in questa spedizione azzurra. Il primo posto si concretizza il 27 luglio, al termine di due giorni estenuanti. Occorrono diciassette confronti per entrare nella poule finale, in semifinale Irene strappa per il rotto della cuffia il quarto posto decisivo. E nell'ultimo atto, come se non bastasse, è necessario un assalto di spareggio per assegnare l'oro, dopo averne già disputati sette. L'avversaria con cui ha chiuso a pari merito in classifica è una leggenda del fioretto, la mancina Ilona Elek-Schacherer che nel 1948, dopo ben dodici anni, aveva bissato il successo di Berlino. Irene ha ventisei anni, diciannove in meno dell'ungherese che ha già battuto tre mesi prima, ma non è la favorita. Il barrage si prolunga oltre la mezzanotte, l'azzurra sembra soccombere poi piazza due stoccate decisive che la portano sul 4-3 e all'oro. 

ANCHE IL MONDIALE

L'anno successivo si conferma al Mondiale di Bruxelles, che la posiziona tra le dieci italiane in grado di conquistare il primo posto nei due appuntamenti. La attendono però due novità destinate a incidere sul futuro, professionale e personale. La prima è l'elettrificazione del fioretto nel 1955. L'arma passa da 150 a 250 grammi di peso, un problema per molte atlete: il rendimento di Camber è limitato da una epicondilite causata dal nuovo fioretto, che obbliga anche a differenti strategie in pedana nel rapporto velocità-potenza. La seconda è il matrimonio con il dottor Gian Giacomo Corno, il 20 ottobre 1956. È l'anno dei Giochi di Melbourne, decide di rinunciare. Ma la scherma è un fuoco che arde e, nel 1960, Camber è presente all'Olimpiade di Roma. Ha trentaquattro anni ed è mamma di due figli. La Federscherma non sta attraversando un buon periodo, lei si mette a disposizione «con spirito di servizio». L'Italia vince il bronzo nella gara a squadre, che Camber aggiunge a quelli mondiali di Bruxelles 1953 e Parigi 1957. Non lo ritira, perché deve andare a casa dai bambini piccoli, che diventano tre nel 1963 dopo che Irene, l'anno prima, ha vinto ancora un bronzo mondiale a squadre a Buenos Aires. La gara a squadre è anche quella del congedo dai Giochi e dall'agonismo, a Tokyo 1964, dove le azzurre sono battute nella finale per il terzo posto dalla Germania Ovest. In Giappone non la inseriscono tra le quattro nella semifinale persa con l'Urss: «Fu una grande delusione, io le avevo battute in precedenza».

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