ITER installa un super spettrometro per controllare il plasma

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HDblog.it Sep 15, 2025 · 2 mins read
ITER installa un super spettrometro per controllare il plasma
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Il più grande reattore a fusione del mondo, ITER, sta per dotarsi di uno strumento fondamentale: lo spettrometro ad alta risoluzione HRNS, progettato per misurare quantità ed energia dei neutroni generati nel cuore del plasma. La sua installazione è prevista dietro una spessa barriera di cemento che circonda la camera di fusione, in prossimità di una piccola apertura che permetterà di intercettare i neutroni prodotti al centro della reazione.

La sua funzione principale sarà quella di determinare il rapporto tra trizio e deuterio all’interno del plasma, gli isotopi di idrogeno che alimentano la reazione di fusione. Questo parametro è direttamente legato all’efficienza del processo: conoscere la composizione del combustibile permette infatti di ottimizzare la combustione, controllare la temperatura ionica e garantire un funzionamento sicuro e stabile. Come ha sottolineato Jan Dankowski dell’Istituto di Fisica Nucleare dell’Accademia Polacca delle Scienze, senza queste misure verrebbe a mancare uno degli strumenti più importanti per la ricerca e l’operatività futura dei reattori a fusione.

La complessità di un tokamak come ITER ha reso necessario un design molto particolare. Il plasma, che raggiunge i 150 milioni di Kelvin, deve essere confinato da campi magnetici e non può entrare in contatto con le pareti della camera toroidale. I neutroni generati dalla fusione, essendo privi di carica elettrica, sfuggono invece al campo magnetico e colpiscono le pareti, trasferendo gran parte dell’energia prodotta e avviando reazioni che consentono di generare nuovo trizio. È proprio l’analisi di questi neutroni a fornire indicazioni preziose per comprendere l’andamento della reazione.

Per affrontare le condizioni estreme di ITER, HRNS è stato concepito come un insieme di quattro sottosistemi indipendenti, ciascuno pensato per intervalli diversi di intensità di flusso neutronico. Il primo, chiamato TPR (Thin-foil Proton Recoil), sfrutta una sottile pellicola di polietilene: i neutroni vi colpiscono e generano protoni rilevati da quasi cento sensori al silicio. Il secondo, NDD (Neutron Diamond Detector), utilizza invece oltre una dozzina di rivelatori a diamante. A completare il sistema ci sono le due configurazioni Time-of-Flight, FTOF e BTOF, che stimano l’energia dei neutroni misurandone i tempi di percorrenza: la prima osserva particelle che mantengono la direzione originale, la seconda quelle diffuse a grandi angoli.

Dietro questo complesso lavoro di ingegneria c’è una collaborazione internazionale che coinvolge, oltre all’IFJ PAN di Cracovia, l’Università di Uppsala in Svezia e l’Istituto per la Scienza e la Tecnologia dei Plasmi di Milano, con il coordinamento diretto dell’Organizzazione ITER. La sfida è stata quella di creare strumenti in grado di resistere a campi magnetici intensi, alte temperature e flussi neutronici che possono raggiungere centinaia di milioni di particelle al secondo per centimetro quadrato.

Con l’entrata in funzione di HRNS, ITER disporrà di una delle diagnostiche più sofisticate mai sviluppate per la fusione nucleare.