L'AI fa impennare i consumi di Google: la svolta green è a rischio

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HDblog.it Jul 01, 2025 · 3 mins read
L'AI fa impennare i consumi di Google: la svolta green è a rischio
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L'ascesa dell'intelligenza artificiale sta presentando un conto energetico sempre più salato alle grandi big tech, che con sempre maggior pressione stanno indirizzando le loro attenzioni verso percorsi mirati alla sostenibilità. Anche Google è in difficoltà, e, sebbene abbia profuso sforzi e investimenti significativi nelle energie rinnovabili e in tecnologie per la rimozione del carbonio, i dati recenti rivelano una realtà complessa e a tratti contraddittoria. L'infrastruttura necessaria per addestrare e far funzionare modelli di AI come Gemini richiede una potenza di calcolo enorme, che si traduce in un consumo di elettricità in costante e rapida crescita.

come più volte rimarcato, il cuore del problema risiede nei data center, le immense "cattedrali digitali" che ospitano i server e si occupanoi dell'elaborazione di tutte le nostre richieste generative. Chi ha provato a generare contenuti in locale, contando sulla potenza bruta del proprio hardware, lo sa molto bene: la realizzazione di contenuti AI è quantomai energivora. Se a casa la questione si risolve con un aumento della bolletta elettrica e una scheda grafica messa sotto torchio, quando si parla di operazioni eseguite in cloud il problema riguarda tutti, e dovrà essere risolto in qualche modo.

Recentemente, Google ha riportato un aumento del 27% nel consumo di elettricità su base annua. Questo incremento ha contribuito a far schizzare le emissioni complessive del 51% rispetto al 2019, tanto da spingere l'azienda di Mountain View a investire in tecnologie del futuro, come la fusione nucleare. L'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA) stima che, a livello globale, il consumo elettrico dei soli data center potrebbe raddoppiare rispetto ai livelli del 2022, raggiungendo entro il 2026 un fabbisogno energetico paragonabile a quello di un'intera nazione come il Giappone. La traiettoria è talmente ripida che alcuni analisti prevedono che entro il 2030 l'AI arriverà ad assorbire il 4,5% di tutta l'energia generata sul pianeta.

Questa fame di energia sta rallentando la corsa di Google verso la decarbonizzazione. Una delle sfide più ardue riguarda le emissioni di "Scope 3", ovvero quelle indirette che provengono dalla catena di fornitura, come la produzione di hardware e la costruzione di nuovi centri dati. Proprio queste emissioni sono cresciute del 22% nel 2024, evidenziando come l'impatto ambientale vada ben oltre il consumo diretto di elettricità.

Oltre alla fusione l'azienda sta esplorando soluzioni più realistiche per alimentare i suoi data center. Una delle speranze era riposta nei Reattori Modulari Compatti (SMR), piccole centrali nucleari considerate più veloci ed economiche da costruire rispetto agli impianti tradizionali. L'idea di affiancare uno o più di questi reattori a un cluster di data center è affascinante, ma la realtà si sta dimostrando più complessa. Lo stesso report di Google ammette che la diffusione di queste tecnologie è più lenta del previsto, frenata da costi ancora elevati, da un quadro normativo incerto e da una tecnologia ancora in fase di sviluppo.

Nonostante queste difficoltà, l'azienda continua a essere uno dei maggiori acquirenti corporate di energia pulita al mondo, con contratti per oltre 22 gigawatt di energia rinnovabile siglati dal 2010. Parallelamente, cerca di sfruttare la stessa AI per fini climatici, con l'obiettivo di aiutare partner e città a ridurre le proprie emissioni di una gigatonnellata entro il 2030, ad esempio ottimizzando i flussi di traffico o mappando il potenziale solare degli edifici. Un successo tangibile è stato raggiunto sul fronte del packaging, eliminando completamente la plastica dagli imballaggi dei nuovi prodotti con un anno di anticipo rispetto all'obiettivo fissato per il 2025.