L'AI è entrata a gamba tesa in uno degli ambiti più intimi e creativi dell'animo umano: la musica. Se finora la creazione musicale era strettamente legata all'idea del compositore o al musicista in generale, l'arrivo di piattaforme come Suno e Udio ha cambiato le carte in tavola. Oggi basta un'idea, una manciata di parole, per generare una canzone in pochi istanti. Questo ha scatenato un dibattito acceso e un vero e proprio scontro tra artisti, case discografiche e i nuovi "creatori" digitali.
Le major discografiche, tra cui Sony Music, Universal Music Group e Warner Records, hanno persino intentato cause legali contro le startup AI, accusandole di violazione del copyright per aver utilizzato le loro opere per addestrare i modelli generativi.
Ma la questione non è solo legale, è anche etica e artistica. Molti musicisti, tra cui nomi del calibro di Kate Bush e Annie Lennox, si sono schierati apertamente contro questa tendenza, temendo che l'AI sminuisca il valore della creatività umana e il controllo sulle proprie opere. Dall'altra parte, ci sono artisti come will.i.am e Timbaland che hanno abbracciato la tecnologia, vedendola come un nuovo strumento a disposizione per la sperimentazione.
Questo scontro ha un sapore di "già visto" e sono in molti a ricordare il dibattito che, in passato, ha accompagnato l'introduzione di strumenti come l'AutoTune, le drum machine o i sintetizzatori. Inizialmente visti con sospetto, sono poi diventati parte integrante della produzione musicale moderna.
L'esempio più lampante di come l'AI stia rivoluzionando la scena è Oliver McCann, un visual designer britannico che ha firmato un contratto con l'etichetta discografica indipendente Hallwood Media. Oliver non canta e non suona, il suo unico "strumento" è un chatbot. Eppure, una delle sue tracce ha raggiunto 3 milioni di streaming, dimostrando che non serve il talento musicale tradizionale per fare successo. Anche se spesso gli utenti preferiscono scrivere i propri testi, perché l'AI tende a generare "frasi molto banali e scontate", come ammette McCann, il potenziale resta enorme. Lo stesso Lukas Rams, che ha creato tre album per la sua band AI Sleeping With Wolves, ammette che l'AI produce testi con cliché come "neon" o "ombre", ma aiuta a sbloccare il processo creativo.
Sebbene le cifre non siano ancora precise e piattaforme come Spotify non abbiano rilasciato dati, Deezer stima che il 18% delle canzoni caricate ogni giorno sulla sua piattaforma siano interamente create dall'AI. Anche se si tratta di una piccola parte del totale degli ascolti, il numero è destinato a crescere in modo esponenziale. Un po' come la transizione dal CD ai servizi di streaming, appare chiaro che anche l'AI è destinata a trovare il suo posto nel panorama musicale, che lo si voglia o no. E voi che ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti.