Nelle scorse settimane, Trump ha dichiarato di avere un piccolo problema con Tim Cook, ovvero il fatto che la casa di Cupertino ha reso evidente la sua volontà di mantenere la produzione di iPhone al di fuori degli Stati Uniti, vanificando quindi parte del senso dietro ai dazi imposti dall'amministrazione Trump su molte delle merci prodotte all'estero.
Sebbene non sia chiaro quale sia lo scopo effettivo dei dazi americani - da un lato si parla di riportare la produzione dei prodotti statunitensi negli USA, dall'altro di cambiare gli equilibri della bilancia commerciale con le altre nazioni -, l'unica cosa che è chiara è che il Presidente degli Stati Uniti vuole fregiarsi dell'aver costretto Apple (e molte altre aziende) a produrre i suoi iPhone sul suolo americano, sebbene questa eventualità sia stata più volte smentita calcoli alla mano.
La scorsa settimana Trump ha deciso di farsi sentire nuovamente, imponendo dazi al 25% su tutti gli iPhone prodotti all'estero, una misura estremamente mirata che lascia intendere come il tycoon abbia preso la vicenda sul personale, vedendo lo spostamento della produzione di iPhone dalla Cina all'India e al Vietnam come un vero e proprio affronto: o gli iPhone nascono negli USA, oppure Apple deve pagarla.
Le parole di Hassett rispecchiano quello che è da tempo il mantra dell'amministrazione Trump sul tema dei dazi, ovvero che devono essere le aziende a farsi carico dei costi, senza che questi ricadano sui consumatori, i quali - secondo Trump - devono continuare a beneficiare degli stessi prezzi senza restare coinvolti in questa guerra commerciale.
Ovviamente ciò non si sta verificando, in quanto l'intervento USA mina le basi del modello economico che ha sostenuto sino ad oggi lo sviluppo dei grandi colossi statunitensi.