La svolta pare sia globale: secondo un editoriale di The Economist la preferenza per i figli maschi, una costante assai funesta di molte culture, non sta solo svanendo quasi in ogni angolo del mondo ma in alcuni di questi angoli esiste perfino un'inversione. Viene cioè nettamente desiderata una figlia femmina.
Come gestire il rientro a scuola dei bambini alle elementari (senza drammi)Ma demograficamente, come stiamo messe, messi? The Economist stima che, dal 1980 siano nate circa 50 milioni di femmine in meno rispetto alla naturale distribuzione, il che implica che sarebbero state abortite (?) o peggio eliminate dopo la nascita semplicemente perché femmine.
Da quando viene arginata la pratica del genericidio (la selezione alla nascita, con preferenza per il neonato maschio), le quote sono cambiate. Tra il 2000 e oggi, i “nati maschi in eccesso” sono calati da circa 1,7 milioni all’anno a circa 200mila, riportando il rapporto tra i sessi verso l’equilibrio naturale di 105 maschi per 100 femmine. In Paesi un tempo segnati da gravi squilibri (non certo naturali, ma causati) come Corea del Sud, Cina e India, questa inversione è lampante con numeri di nati maschi e nate femmine sempre più vicini.
Oggi quindi la tendenza è invertita, con anche i genitori di una figlia meno propensi a cercare di avere un altro bambino sperando sia maschio, segnale - secondo la rivista di economia - evidente di una preferenza per le femmine. E con le pratiche di fecondazione assistita e adottive che registrano una tendenza simile: si desidera la femmina, pare.
figlie femmine: da fardello, a investimento, a desiderio (e quando, "persone"?)
Da dove arriva questo cambiamento e soprattutto che cosa ci dice, politicamente, questa inversione? Nel passato remoto e recente, la preferenza per i maschi è stata alimentata da radicati presupposti culturali: l’idea che un figlio maschio assicurasse sostegno economico, fosse portatore del nome di famiglia, e che la figlia, invece, avrebbe lasciato il nucleo familiare diventando una “provvista” per un’altra famiglia. E per farlo avrebbe dovuto aderire a modelli e standard ben precisi.
Oggi la crescente diffusione (finalmente) di una cultura che include le bambine nell'istruzione, il miglior accesso al lavoro e all’autonomia economica delle donne e politiche pubbliche più o meno valide, più o meno efficaci, hanno contribuito a elevare il valore sociale della donna.
C’è poi un altro lato, meno nobile: alcuni genitori oggi preferiscono le figlie non tanto per ragioni etiche, quanto perché sterotipicamente considerate più calme, meno problematiche, più predisposte alla cura e all'ascsolto. E questo ovviamente è un altro tipo di bias che ok, non uccide alla nascita, ma non è nemmeno premiante. Infine, nel Nord del mondo, sappiamo che i maschi stanno mostrando difficoltà: sfruttano meno l’istruzione, diventano più spesso adulti inadatti che rischiano di vivere più ai margini mentre le donne avanzano. Ma non abbastanza: le discriminazioni esistono e resistono, quindi perché desiderare di mettere al mondo una persona che di certo sarà discriminata?
sapendo quanto è difficile essere donna, perché volere una bambina?
L'idea di base è che si vuole, si desidera, una bambina non perché una donna oggi è libera, sostenuta, dotata di pari diritti, ma perché può sembrare “più facile”. Questo è una fetta di paternalismo modernizzato, né meno ingannevole né meno opprimente. Quelle bambine che oggi nascono e che sono volute vivono in un mondo in cui ancora le disparità sono ancora drammatiche: violenze di genere, divario salariale, doppio carico di cura, sotto-rappresentanza nella politica e nella scienza, aspettative sociali angoscianti.
Allora non ci resta che fare alcune altre ipotesi che spiegano questa apparente contraddizione: forse molti genitori che desiderano una bambina hanno una percezione falsata del “reale valore sociale” della donna. In molte società le donne sono oggi più istruite, più presenti nel mercato del lavoro e più centrali nella gestione familiare e questo ha cambiato la percezione genitoriale nel senso che una figlia non è più vista come “un peso” o “una futura sposa da mantenere nell'attesa che qualcun altro lo faccia”. E forse per molti genitori è sufficiente.
preferire una bambina (se i motivi sono sbagliati) è una discriminazione
In alcuni Paesi occidentali i maschi sono percepiti come meno performanti sul piano scolastico e lavorativo rispetto alle coetanee. Le statistiche (anche italiane) mostrano più abbandoni scolastici, maggiore rischio di disoccupazione e difficoltà a raggiungere l’indipendenza economica. C'è poi un dato culturale: le figlie vengono considerate più legate ai genitori, più attente ai bisogni familiari e più disponibili alla cura in età adulta. Molti genitori, soprattutto in società che invecchiano rapidamente, desiderano una figlia perché credono che sarà lei ad assicurare loro sostegno emotivo e pratico nella vecchiaia.