La favola borghese della "casalinga": spacciata come tradizionale, è solo una (triste) invenzione contemporanea

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(La redazione di fem) Jun 16, 2025 · 5 mins read
La favola borghese della
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C’è qualcosa di ironico, in modo sinistro ovvio, nell’ideale moderno veicolato dalle giovani influencer che si autodefinoscono Trad Wife (la moglie “tradizionale” che rinuncia a carriera e ambizioni personali per occuparsi della casa e della famiglia).  Una su tutte, l'inquietante Ballerina Farm: elegante, gioiosamente intenta a cucinare e stirare camicie con un sorriso devoto. Spieghiamo subito: il problema non sono le donne - o le persone - che scelgono di fare le casalinghe perché hanno un privilegio economico che consente loro di vivere con un solo stipendio, né che siano economicamente dipendenti dal partner (contente loro) quindi non autonome qualora dovessero, volessero, tranciare quella relazione.

Il lavoro domestico è anche carico mentale, e va diviso equamente

Il problema è che nel racconto generale della moglie tradizionale, di tradizionale non c'è niente: la figura della "trad wife" presentata come custode di un passato autentico, come se fosse la reincarnazione di una figura millenaria, la vera donna di “una volta”, non è mai esistita.

l'invenzione della casalinga non retribuita e devota

Chi ha mai potuto permettersi di stare a casa? Nessuna, solo gli aristocratici e le aristocratiche delle classi più alte, cioè principi e principesse "di sangue" perché già gli altri e le altre lavoravano nelle corti. Per secoli — anzi, millenni — la maggioranza delle persone, donne comprese, non solo ha lavorato ma ha lavorato senza sosta, senza diritti, senza tutele. Pescivendole, fioraie, contadine, conciatrici, allevatrici, mercanti: tutte loro, proprio come i loro figli, fratelli, mariti, genitori, amici, intrecciavano quotidianamente produzione e riproduzione, economia e famiglia. Si lavorava tutti e tutte.

E non dimentichiamo le guerriere: da Boudicca alle amazzoni di Dahomey, da combattenti medievali a partigiane novecentesche la storia non è certo stata avara di esempi di donne armate, letteralmente o metaforicamente. Quindi eccoci: lavorare, per le donne così come per gli uomini, non era un’opzione: era una consuetudine necessaria. Allora come nasce il mito della donna domestica e addomesticata? Affonda le radici nella parola latina domus, "casa". Ma attenzione: da “domus” derivano anche dominare e dominio. L’idea di “addomesticare” nasce proprio da lì: rendere qualcosa, o meglio qualcuna, docile, controllabile, contenibile nello spazio del focolare. Quando si è voluto addomesticare la donna? Quando è diventata “angelo del focolare”? Durante la Rivoluzione Industriale.

le donne, come bambini e bambine, hanno sempre lavorato

L'invenzione principale è stata la famiglia nucleare borghese e da essa si è diramato l'altro mito: la casalinga felice e ben truccata, un modello aspirazionale che indica "benessere", altro che operaie e lavandaie. La casalinga con le perle e la messa in piega ha un marito che lavora fuori casa, così lei è comodamente devota alla cura della casa, del suddetto marito e della prole.

Ma di "trazionale", nella trad wife, non c'è niente: con l’industrializzazione dell’Europa (tra Ottocento e Novecento) il lavoro viene dislocato dalle campagne alle fabbriche. Le élite, e soprattutto la nuova borghesia urbana, iniziano a riorganizzare la vita familiare in modo funzionale alla produzione capitalista: un uomo al lavoro, una donna a casa.

Ma questa divisione dei ruoli non nasce dal ripescaggio di un passato, bensì per creare ordine sociale, morale e produttivo. La “vera donna” è stata inventata docile, materna, riservata da uomini borghesi, riformatori cristiani, medici moralisti e scrittori vittoriani. E soprattutto, questo modello era possibile solo per chi poteva permetterselo.

Accanto a ogni “casalinga ideale” c’era spesso una governante, una cuoca, una balia: altre donne - più povere di lei - che continuavano a lavorare come le loro madri e le madri delle loro madri. Così nasceva l'illusione di una casalinga tutta torte e uncinetto, la cui casa era uno splendore e i bambini erano educati e ben nutriti. Da altre donne, donne lavoratrici. 

La spinta delle donne verso lo spazio domestico non fu un processo naturale ma una costruzione sociale, economica e culturale fortemente voluta e sistematizzata durante la Rivoluzione Industriale. Prima, casa e lavoro non erano separati: botteghe, campi, tessiture e famiglie erano spesso un tutt’uno: lavoravano le donne e pure i bambini e le bambine. Ma con la nascita della fabbrica e la nuova urbanizzazione, il lavoro fu esternalizzato e maschilizzato, mentre nasceva lentamente il diritto all'infanzia e contemporaneamente alla donna fu assegnato un nuovo ruolo: guardiana di quel diritto, ma anche della moralità borghese.

La propaganda funzionale a creare ordine lì dove non c'era

I discorsi religiosi, scientifici e pedagogici dell'Ottocento iniziarono a descrivere la donna come naturalmente incline alla cura e alla devozione. Come si descrive uno strano animale che ha delle caratteristiche tutte sue. E questa retorica non era innocente: serviva a giustificare l’esclusione delle donne dagli spazi pubblici e decisionali, mentre gli uomini, considerati razionali e produttivi, prendevano il controllo delle sfere economica e politica.

Il confinamento in casa fu quindi legittimato come “protezione” della donna e della famiglia, ma nella realtà fu uno strumento per togliere potere, visibilità e autonomia. In sostanza, la donna non veniva solo “accolta” nel focolare: vi veniva relegata per garantire l’ordine sociale necessario a un nuovo capitalismo industriale che aveva bisogno di lavoratori disciplinati e famiglie stabili. Il tutto, ovviamente, era un privilegio di classe: solo la donna borghese poteva permettersi di non lavorare fuori casa. Le altre continuavano a sgobbare nei campi, nelle fabbriche e nelle case borghesi delle altre donne. Ma diventavano invisibili e certamente non modelli a cui aspirare, quindi nel racconto ufficiale sono state marginalizzate, stigmatizzate e cancellate.

Questa inquietante "nostalgia" quindi è per un passato assolutamente inesistente. Oggi, quando i social celebrano il ritorno alla “femminilità tradizionale”, vendono una visione iper-romanzata della donna-moglie che sceglie di ritirarsi in casa. Ma dietro questa scelta c’è un intero sistema di privilegi — economici, culturali, storici — e una massiccia dose di amnesia storica. La Trad Wife, a parte il fatto che le più feroci guadagnano dai contenuti social quindi di fatto lavorano e hanno soldi loro, è una fiction.

Le "mogli tradizionali", senza che ci sia in effetti alcuna tradizione, sono solo una nuova forma di propaganda: le donne non sono mai state semplicemente “a casa”. Hanno cucito per sopravvivere, oltre che combattuto, coltivato e pescato.