La ferocia della "polizia morale" colpisce ancora: ma i tribunali del popolo si ritorcono sempre contro il popolo

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(La redazione di fem) Jul 28, 2025 · 5 mins read
La ferocia della
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L'attore Raoul Bova che parla di "occhi schiaccianti" qualsiasi cosa voglia dire, Sinner che lava la Ferrari in giardino ed "è pieno di soldi e si lava la macchina da solo", gli amanti al concerto dei Coldplay che pare abbiano sterminato folle, i fan e le fan di Ozzy Osbourne che "devono vergognarsi": la gogna mediatica non è mai stata così feroce.

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Ma se la storia insegna - e speriamo lo faccia - i tribunali del popolo finiscono sempre per ritorcersi contro il popolo. Sempre. E infatti a essere virtualmente lapidate sono le persone che parlano di qualcosa ma non dalla prospettiva che vorremmo, quelle che non ne parlano, quelle che minimizzano, quelle che mettono benzina sul fuoco. Non si salva nessuno.

La nuova polizia morale: tribunali digitali e condanne senza appello

Viviamo in un'epoca in cui la vita privata ha smesso di essere un diritto e ha cominciato a somigliare al Grande Fratello. Il recente caso di Raoul Bova, travolto dalla diffusione di messaggi vocali privati inviati a una giovanissima ragazza, rappresenta molto più di una semplice notizia di gossip. È un indicatore nitido, quasi didascalico, del nostro tempo: quello in cui la sfera intima è diventata un campo di battaglia pubblico e i social network, il palcoscenico perfetto per le esecuzioni sommarie.

Non è questione di difendere o assolvere Bova: essere un cinquantenne che invia audio romantici a una ventenne è già una punizione di per sé. Perché quanto devi essere egoriferito per non renderti conto delle circostanze

Ma l'aspetto centrale è la facilità con cui l’opinione pubblica si trasforma in tribunale morale, animato da un senso di superiorità che raramente contempla il farsi gli affari propri, la complessità o la rilevanza penale. Chi pubblica e ripubblica gli audio di Raoul Bova rischia una mega sanzione pecuniaria, che in un caso come questo corrisponderebbe o al 2 / 4 per cento del fatturato annuo o a un ammontare fino a 10 / 20 milioni o commisurata al fatturato dichiarato. E questo oltre al fatto che la Procura di Roma ha aperto un'inchiesta per tentata estorsione.

Eppure, a inquietarci ogni volta è il singolo caso, il singolo errore, e mai il meccanismo che abbiamo normalizzato. Che differenza c'è tra Raoul Bova, i due amanti divenuti virali per il loro comportamento al concerto dei Coldplay, Jannik Sinner che lava la sua auto, l'attivista che condivide video del recentemente scomparso Ozzy Osbourne? Nessuna: ogni gesto è potenzialmente materia di giudizio sociale. Gli amanti beccati al concerto dei Coldplay sono stati massacrati, quando c'era solo da sorriderne (non hanno ucciso nessuno), Sinner ha appena vinto Wimbledon: può permettersi quell'auto e altri lussi e magari ha anche piacere a lavarsela da solo, Ozzy Osbourne era un genio, un'icona ed è stato un riferimento di libertà e autodeterminazione per moltissime persone: quale esercizio di dominio è "proibire" ai e alle fan di ricordarlo, anche con affetto, per motivi geopolitici?

"si compra la Ferrari e poi se la lava da solo gne gne gne"

Ogni azione può diventare pubblica se condivisa - anche da estranei, potenzialmente querelabili - sui social. E come tale viene letta come una dichiarazione d’intenti, una presa di posizione politica o morale. Ma l’ironia feroce, lo sdegno moralista, il sarcasmo che circola in rete ci raccontano molto più della comunità che giudica, che non del bersaglio prescelto. Così si configura una nuova forma di potere diffuso: la polizia morale. Non indossa uniformi, non risponde a codici formali, ma agisce in modo pervasivo e incontrollabile.

Chiunque può filmare, postare, accusare. E, soprattutto, chiunque può raccogliere consensi attraverso l’indignazione. Non serve più argomentare, basta un video decontestualizzato, un frame catturato al momento giusto, e la rete si infiamma. Si premia la prontezza del dito sullo schermo più che il senso dell’opportunità. Ciò che un tempo era pettegolezzo resta oggi inciso nella pietra digitale, amplificato da milioni di occhi e giudizi, impossibile da ritrattare.

Nel frattempo, ci si indigna per Bova ma restiamo in silenzio di fronte a ciò che ci tocca ogni giorno: precariato, turistificazione selvaggia, limitazioni alle libertà personali e collettive mascherate da "decreti sicurezza", assenza di servizi alla cittadinanza che penalizzano anziani, bambini, donne, persone a rischio marginalità sociale. Insomma viviamo in una distopia in cui siamo capaci di grandissime ire per cose che, in fondo, nemmeno ci riguardano. Ma perché?

La nostra indignazione è diventata selettiva, capricciosa e orientata verso ciò che può offrirci uno sfogo o una viralità immediata ma non soluzioni ai problemi quotidiani. Si condanna chi è esposto, non chi minaccia costantemente la qualità della vita di ciascuno, ciascuna. E a minacciarci non è certo Raoul Bova, non è certo un cantante deceduto e che da circa un ventennio non capiva nemmeno dove fosse a causa di un orrenda forma di Parkinson, figuriamoci se era in grado di schierarsi politicamente.

avanti il prossimo, la prossima: nessuno è immune dalla gogna digitale

Chi è immune da questa deriva? Nessuno. Tutti siamo esposti al rischio della gogna e della gogna digitale. Basta un momento fuori contesto, una frase fraintesa, uno sguardo, una posizione non allineata con "quello che vuole il popolo". E l’individuo viene consegnato all’arena social come un gladiatore disarmato. Il rischio non è soltanto l’umiliazione pubblica: è l’appiattimento del pensiero, la perdita del diritto alla complessità e alla fragilità.

In nome della trasparenza assoluta stiamo sacrificando il principio della riservatezza, la capacità di sospendere il giudizio, l’umana propensione al perdono. In fondo, il paradosso è evidente: più ci esponiamo, più reclamiamo autenticità; più vogliamo conoscere tutto degli altri, meno sopportiamo le loro contraddizioni. Abbiamo smesso di tollerare la zona grigia dell’umano, preferendo la condanna netta, rapida, definitiva.