"Nel momento in cui smettiamo di provarci, perdiamo la nostra umanità. E, per quanto pericolosa sia questa missione, il silenzio e l'inazione lo sono molto di più". Sono le parole pronunciate da Greta Thunberg quando ha lasciato le coste italiane di Catania per navigare sulla Madleee, una barca (a vela, ovvio) totalmente disarmata, che trasporta beni di primissima necessità per la nutrizione e la cura emergenziale della popolazione palestinese e che navigherà solo su acque internazionali fino a Rafah. In totale i membri della Freedom Flotilla sono uindici: è un collettivo internazionale che da anni protesta contro il blocco israeliano sulla Striscia di Gaza.
Greta Thunberg salpa verso Gaza: "Il silenzio è più pericoloso di questa missione, dobbiamo mantenere la nostra promessa ai palestinesi"la global march fino a Rafah per aprire un valico
Sono attivisti e attiviste di 53 delegazioni (ma aumentano) tra cui c''è anche Greta Thunberg: sono partiti lo scorso 4 maggio e marceranno verso Rafah, tra l'Egitto e Gaza, nel tentativo di porre fine all’assedio della Striscia da parte del governo israeliano iniziato, per cui è stato impedito che anche i beni di prima necessità entrino nel territorio palestinese: ora, a essere stremate, affamate e assetate da mesi sono ben due milioni e mezzo di persone che si trovano nella Striscia, mentre continuano incessanti i bombardamenti. La Global March to Gaza è allora una marcia che si propone di spingere le autorità egiziane a negoziare per l'apertura di un corridoio umanitario che possa sostenere la popolazione palestinese in modo pacifico.
che c'entrano guerre, zone di conflitto e crisi climatica
Quando si è diffusa questa notizia, su X, in particolare, diverse persone hanno accusato Gretha Thunberg di aver dimenticato la causa ambientale per sposarne un'altra, quella palestinese. Ma in realtà, le due questioni sono profondamente intrecciate e, anzi, l'impegno della giovane attivista è oggi più che mai coerente. Un paper scientifico diffuso dai quotidiani inglesi spiega chiaramente che il conflitto in corso a Gaza ha avuto un impatto ambientale devastante con conseguenze che si estendono ben oltre i confini immediati della guerra. Nei primi 15 mesi di conflitto, le attività militari israeliane a Gaza hanno generato circa 1,89 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente, superando le emissioni annuali di oltre 100 Paesi messi insieme.
Le Nazioni Unite hanno stimato che fino a oggi la guerra sulla Striscia ha prodotto circa 39 milioni di tonnellate di detriti, molti dei quali contaminati da amianto, metalli pesanti e altri materiali tossici e pericolosi. Paliamo cioè di una combinazione potenzialmente letale per la salute pubblica e l'ambiente.
Anche l'inquinamento delle risorse idriche è un tema: la distruzione di impianti di trattamento delle acque reflue ha portato allo scarico di 130mila metri cubi di acque non trattate nei terreni e nelle acque costiere del Mar Mediterraneo, contaminando le risorse idriche e aumentando il rischio di malattie. E questo oltre ai danni all'agricoltura. Prima del conflitto, circa il 47 percento della superficie di Gaza era destinato all'agricoltura, comprendendo campi coltivati, frutteti e serre. Già a marzo 2024 oltre il 38 per cento di queste terre agricole era stato distrutto: le forze militari israeliane hanno utilizzato bulldozer, carri armati e bombardamenti per sradicare sistematicamente coltivazioni e alberi e, in totale, sono stati danneggiati o distrutti circa 2mila siti agricoli, inclusi campi e serre.
il collasso delle infrastrutture e la ricostruzione
La copertura arborea ha subito perdite significative: a gennaio 2025, circa l'80 per cento degli alberi di Gaza era stato abbattuto o danneggiato a causa sia dei bombardamenti che del taglio degli alberi da parte dei residenti, costretti a cercare legna per cucinare e riscaldarsi a causa del blocco del carburante. Il degrado del suolo è un'altra conseguenza devastante: i bombardamenti hanno contaminato i terreni con residui di munizioni e sostanze tossiche, rendendo molte aree agricole inutilizzabili.
L'uso di armi contenenti fosforo bianco ha lasciato residui tossici nel suolo e nell'aria, con effetti a lungo termine sulla salute umana e sull'ambiente.
Le prospettive future? Tutt'altro che rosee: la devastazione ambientale nella Striscia di Gaza avrà effetti duraturi di cui soffrirà l'intero pianeta. La perdita di biodiversità, la contaminazione del suolo e delle acque, e la distruzione degli habitat naturali compromettono la possibilità di una ripresa ecologica. La ricostruzione, quando e se avverà, richiederà gli sforzi e l'mpegno dell'intera comunità internazionale per affrontare non solo le esigenze umanitarie immediate, ma anche per ripristinare e proteggere l'ambiente.
La connessione tra guerra e crisi climatica: i corridoi umanitari
I conflitti armati non solo aggravano le crisi ambientali esistenti, ma ostacolano anche gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico. La distruzione delle infrastrutture verdi, l'inquinamento diffuso e le emissioni elevate contribuiscono a un ciclo vizioso di degrado ambientale e instabilità sociale. Il ruolo dei corridoi umanitari come quello attivato dalla Freedom Flotilla nella sostenibilità ambientale non è solo quello di fornire assistenza immediata alle popolazioni colpite, ma è anche quello cruciale nella protezione dell'ambiente: