I ricercatori di Google DeepMind stanno esplorando un approccio affascinante per rendere i robot più intelligenti e capaci di apprendere: dotarli di una sorta di "monologo interiore". Questa tecnica innovativa, descritta in un recente brevetto, mira a migliorare drasticamente il modo in cui le macchine comprendono e interagiscono con il mondo che le circonda.
L'idea, denominata formalmente "discorso intra-agente per facilitare l'apprendimento dei compiti", non implica che i robot inizieranno a filosofeggiare tra sé e sé, ma si basa su un principio più pratico e potente. Il sistema consente a un agente di AI di osservare un'azione, come una persona che afferra una tazza, e di generare autonomamente una descrizione in linguaggio naturale di ciò che sta vedendo. Ad esempio, mentre elabora le immagini, il robot potrebbe formulare internamente la frase "la persona prende la tazza".
Questo processo di auto-narrazione crea un ponte fondamentale tra l'input visivo e l'azione corrispondente. Invece di limitarsi a processare pixel e vettori, il robot associa le immagini a un concetto linguistico, un "pensiero" che ne rafforza la comprensione. Il vantaggio più significativo di questo metodo risiede nella sua capacità di abilitare quello che gli esperti chiamano apprendimento "zero-shot".
In pratica, il robot diventa capace di eseguire compiti e manipolare oggetti che non ha mai incontrato prima, senza la necessità di un addestramento specifico per quella determinata situazione. Se ha imparato il concetto di "prendere" associato a una tazza, può estrapolare questa conoscenza per afferrare una palla o un altro oggetto sconosciuto, dimostrando un livello di generalizzazione molto più vicino a quello umano.
Oltre a rendere i robot più versatili, questa tecnica promette di ottimizzare le risorse. Secondo DeepMind, generare queste descrizioni interne riduce la memoria e la potenza di calcolo necessarie per l'addestramento dei sistemi robotici, un ostacolo non indifferente nello sviluppo di macchine autonome complesse.
Google sta lavorando per rendere la robotica sempre più indipendente e funzionale in ambienti reali. Un esempio recente è 'Gemini Robotics On-Device', un modello di AI compatto ed efficiente, progettato per funzionare direttamente a bordo del robot, senza la necessità di una connessione costante al cloud. Questa autonomia è cruciale per applicazioni in luoghi con connettività limitata o assente, o in settori sensibili come quello sanitario, dove la latenza e la privacy sono fondamentali. Fornire a questi sistemi autonomi una "voce interiore" aggiunge un prezioso strato di contesto, consentendo loro di prendere decisioni migliori e di adattarsi con maggiore efficacia a scenari dinamici e imprevedibili.