La storia della mamma di TikTok e del figlio bocciato: dobbiamo parlare di "genitori influencer" e scuola

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(La redazione di fem) Jul 22, 2025 · 5 mins read
La storia della mamma di TikTok  e del figlio bocciato: dobbiamo parlare di
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Che cosa succede quando una mamma usa il proprio canale di TikTok per denunciare la bocciatura del figlio? E che cosa succede se si scopre che lei non aveva idea del fatto che il ragazzino, iscritto in terza media, andasse male a scuola? E che succederebbe se questa mamma inveisse contro la scuola? Insomma, è esploso un caso. Rispondiamo con una riflessione, breve, sul confine educativo. 

Secondo Matteo Saudino, aka Barbasophia, "la scuola deve insegnarti a conoscerti"

la "scoperta" della bocciatura e lo sfogo

Una madre italiana, il cui figlio è stato bocciato in terza media, ha affidato il proprio sfogo ai social — in particolare TikTok — puntando i riflettori su ciò che a suo avviso è un problema sistemico: “Non era assolutamente da bocciare, non aveva voglia di studiare ma comunque i risultati li portava”. La donna poi, nello stesso video, elenca le insufficienze in varie materie e pure le note disciplinari che minimizza, definendole "scherzose” e quindi non sufficienti a giustificare una bocciatura. Infine parla dell'esame orale sostenuto dal ragazzo che non è andato benissimo ma, a parere suo, non è legittimo basare la promozione, o la bocciatura,  "su 15 minuti di interrogazione" (e infatti non è stato l'esame orale il problema).

Il video è rapidamente diventato virale, aprendo una discussione non solo sulla bocciatura, ormai pratica rarissima e per questo evidentemente inevitabile, quando viene applicata, ma – soprattutto – sul ruolo della scuola nell'educazione dei figli. La maggioranza degli utenti ha criticato l’atteggiamento della madre, sottolineando soprattutto che oggi, tra registri elettronici e smartphone, non si può non sapere come vadano i ragazzi a scuola. “La famiglia è al corrente dei voti da circa dieci minuti dopo che vengono registrati”.

La madre sostiene che dietro al problema non ci sia una sua responsabilità, bensì un fallimento dell’istituto e dell'intera comunità educante, lamentando la mancanza di cooperazione da parte del corpo docente. Ma la vicenda non finisce qui: emerge un elemento ancora più delicato. La madre gestisce un canale su OnlyFans, e ogni contenuto - meglio se virale - del suo canale TikTok è di fatto una promozione al canale di OF, regolarmente pubblicizzato sul profilo instagram della donna.

Non c'è niente di male, ovviamente: ci siamo schierate con vigore al fianco dell'insegnante cacciata da scuola perché un genitore l'aveva trovata su OF. Ma il tema è la vetrinizzazione della propria famiglia. Cioè, il modo in cui la presenza mediatica dei genitori influenzi l’ambiente educativo e come queste “vetrine digitali” diventino un problema quando spalmano i propri figli sotto ai iflettori.

performare il quotidiano, alle spese di un bambino

Il nome utente che la donna sceglie per il proprio canale è il nome del figlio tredicenne, ragazzino che coinvolge costantemente nelle sue performance in vita quotidiana che diventano sempre più simili a una performance, a una messa in scena della quotidianità. Tutto, ovviamente, in funzione di una crescita in popolarità che, va da sé, attira regali, sconti, notorietà e brand disposti a sponsorizzare contenuti. Insomma guadagni.

Che andrebbe anche bene (gli / le influencer ormai sono ovunque) ma il problema subentra come sempre quando di mezzo ci va un ragazzino tredicenne, il quale per via dell'età non è legalmente capace di prestare il proprio consenso alla partecipazione. E che, nel caso specifico, è stato però capace di farsi bocciare alle medie, una impresa se pensiamo che già è difficile farsi bocciare alla maturità. La questione della bocciatura, ovviamente, con la conseguente sofferenza e umiliazione del ragazzino, è stata trasformata in contenuto: un contenuto monetizzabile.

Ma forse il problema più grande è che, presa alla sprovvista dalla notizia della bocciatura - non aveva idea che il figlio andasse male a scuola? - la risposta della madre è "Voi fate i professori e io faccio il genitore”. Nel senso, lo educa lei. E allora forse è giunto i momento di chiedersi dove sia la linea di confine fra responsabilità educativa, privacy e spettacolarizzazione e di chi sia il compito di salvaguardare quel confine e assicurare ai ragazzi e alle ragazze il diritto a una educazione di base. 

genitori che si improvvisano influencer e vanno contro la scuola

Quando un genitore è totalmente inadatto al ruolo - non stiamo certo parlando di questa madre, ma in linea astratta - la scuola da sola può davvero supplire alle carenze educative familiari? Quali strumenti – morali, sociali, legali o psicologici – determinano se una famiglia è adatta a educare? Questi "nuovi genitori" cresciuti a pane e social, sono ormai parte della contemporaneità: storie condivise, momenti familiari in diretta (autentici o costruiti poco importa) tutto diventa contenuto.

I figli e le figlie rischiano così di diventare comparse al massimo, ma più spesso spettatori e spettatrici della vita perennemente mostrata dei genitori e – spesso – il barometro delle loro scelte digitali. Ci chiediamo: chi è responsabile della protezione e dell’educazione dei ragazzi e delle ragazze in uno scenario in cui famiglie sembrano formate da adolecenti cresciutelli, che non credono nella scuola?

La scuola non è semplicemente un luogo in cui si deve andare "per forza" per incamerare nozioni: è un vero e proprio presidio culturale e sociale, essenziale in una società complessa. Quando i genitori talvolta si erigono a difesa acritica dei figli contestando voti, intervenendo in maniera assertiva nelle scelte didattiche o delegando del tutto il compito educativo salvo poi stabilire come deve essere praticato ("il figlio è mio e lo educo io") mettono a rischio l’autorevolezza e l’efficacia di chi ogni giorno si dedica all’insegnamento. E lo mettono a rischio agli occhi dei loro figli e delle loro figlie.

Tra scuola e famiglia deve esserci un dialogo costruttivo, un dialogo sancito dal patto educativo di corresponsabilità, che evidentemente è mancato tra la madre "tiktoker" e la scuola di suo figlio. Che magari sarebbe stato bocciato ugualmente, ma almeno lei non sarebbe stata colta di sorpresa. Vedendo come ragionano gli adulti e le adulte di oggi, crediamo di doverci schierare più che mai di fianco alla scuola. La dignità dell’istituzione scolastica va tutelata, ma prima ancora va ricostruita, perché viene calpestata ogni giorno da chi la trasforma in bersagio da colpire quando i propri figli, le proprie figlie, non sembrano portare a casa i risultati sperati.

È un non sense, se ci pensiamo: da un lato docenti di tutta Italia sono esposti ed esposte al bullismo di genitori prepotenti che esigono che i figli restino diseducati, dall'altro quando quegli stessi figli vengono bocciati è colpa della scuola.