Quando un elettrone sfugge a un atomo attraversando una barriera energetica teoricamente invalicabile, lo fa grazie a un effetto della meccanica quantistica noto come "tunneling". Ma quanto tempo impiega davvero per compiere questa fuga quasi miracolosa?
Per decenni, la risposta è rimasta sfuggente, avvolta nei misteri di scale temporali infinitesimali, dell’ordine degli attosecondi, ovvero miliardesimi di miliardesimo di secondo. Ora, un team internazionale di ricercatori ha fatto un passo decisivo in avanti grazie a un dispositivo sperimentale aggiornato chiamato attoclock a risoluzione di fase.
L’idea alla base dell’attoclock risale al 2008, quando la fisica svizzera Ursula Keller introdusse un metodo per sondare la tempistica del tunneling usando impulsi laser. Questi impulsi, dotati di un campo elettrico rotante, spingono via gli elettroni da un atomo. L’angolo con cui l’elettrone emerge permette di inferire il momento della sua “fuga”. Tuttavia, questa configurazione creava molte complicazioni: il movimento ellittico del campo di luce e la necessità di modelli matematici complessi rendevano i risultati spesso ambigui.
La novità del nuovo studio, condotto da Wen Li e colleghi alla Wayne State University, consiste nell’adozione di onde luminose perfettamente circolari e nell’utilizzo di una metrica chiamata fase della portante rispetto all’inviluppo (carrier-envelope phase, CEP). Questo parametro indica uno sfasamento minimo ma cruciale tra la forma dell’impulso laser e il picco del suo campo elettrico. Sincronizzando con precisione questo picco con l’esatto momento in cui l’elettrone viene espulso, gli scienziati hanno potuto registrare l’evento con accuratezza senza precedenti.
Il risultato? Gli elettroni sembrano non attendere affatto. Una volta che il campo elettrico raggiunge il valore necessario, l’elettrone attraversa la barriera immediatamente, senza alcun tempo misurabile di permanenza. In altre parole, il processo di tunneling appare istantaneo, almeno alla scala temporale degli attosecondi.
Questa scoperta mette in discussione alcuni modelli teorici tradizionali, in cui si ipotizzava una breve "pausa" dell’elettrone all’interno della barriera quantistica. I nuovi dati mostrano invece che il fattore determinante è la forza con cui l’atomo trattiene l’elettrone, non il tempo trascorso nel passaggio. E questo ha implicazioni non trascurabili per la comprensione dei fenomeni ultraveloci a livello atomico e molecolare.
Ma le potenzialità dell’attoclock aggiornato non si fermano qui. La sua precisione e stabilità lo rendono uno strumento promettente per future applicazioni nella spettroscopia in tempo reale. Ciò potrebbe permettere di osservare reazioni chimiche mentre avvengono, consentendo forse la progettazione di farmaci, nanotecnologie innovative e lo sviluppo di materiali per il calcolo quantistico.
Per spingersi oltre, il team sta già lavorando su un’ulteriore evoluzione: un zeptoclock, in grado di misurare intervalli ancora più brevi, pari a zeptosecondi (miliardesimi di attosecondo). ciò permetterebbe di esplorare ritardi ancora più minuscoli che oggi restano nascosti anche ai migliori strumenti disponibili.