Gli astronomi hanno a disposizione un nuovo strumento senza precedenti per osservare la nostra galassia: la più precisa mappa tridimensionale mai realizzata delle regioni in cui nascono le stelle. A realizzarla è stato il telescopio spaziale Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che da anni misura con estrema accuratezza la posizione e il movimento di milioni di stelle della Via Lattea.
Studiare le cosiddette “nursery stellari” non è mai stato semplice. Queste aree, ricche di gas e polveri, sono opache e non lasciano trapelare facilmente la luce delle giovani stelle che contengono. Gaia, pur non potendo osservare direttamente le nubi, è in grado di misurare l’oscuramento delle stelle dovuto alla polvere interstellare, un fenomeno noto come estinzione. Da queste informazioni i ricercatori riescono a ricostruire la distribuzione della polvere e a calcolare la presenza di idrogeno ionizzato, segnale inequivocabile di nuove nascite stellari.
La mappa appena pubblicata si estende fino a circa 4.000 anni luce dal Sole, che si trova al centro della rappresentazione. È stata costruita a partire dalle osservazioni di ben 44 milioni di stelle comuni e 87 stelle di tipo O, una categoria rarissima, ma fondamentale. Le stelle O sono infatti giovani, massicce e caldissime: la loro intensa radiazione ultravioletta è capace di ionizzare l’idrogeno circostante, rendendo visibili le regioni dove si formano nuove stelle.
Il risultato è una visione inedita delle strutture galattiche vicine. Tra le aree rappresentate spiccano la Nebulosa della California, la Nebulosa Nord America, la Gum Nebula e la vasta bolla di gas e polveri chiamata superbolla Orione-Eridano. Grazie al modello tridimensionale, gli astronomi possono “sorvolare” virtualmente queste regioni, osservandole dall’alto come se ci trovassimo fuori dalla nostra galassia.
Lewis McCallum, astronomo dell’Università di St Andrews e primo autore dei due studi che descrivono il progetto, sottolinea come questo sia il primo modello dell’idrogeno ionizzato nella Via Lattea capace di combaciare così bene con le osservazioni di altri telescopi. Secondo il ricercatore, la fiducia nella fedeltà delle nuove mappe è tale che le animazioni realizzate possono essere considerate una buona approssimazione di come apparirebbe la nostra galassia vista dall’esterno.
La mappa offre anche spunti per nuove scoperte: alcuni complessi nebulosi sembrano essersi aperti, lasciando fuoriuscire gas e polveri verso una gigantesca cavità interstellare. Per Sasha Zeegers, ricercatrice ESA specializzata nello studio della polvere cosmica, questo modello permette di comprendere meglio come la radiazione delle stelle massicce interagisca con l’ambiente circostante, un processo che plasma la struttura stessa della galassia.
Il lavoro ha richiesto enormi risorse di calcolo e al momento copre “solo” la porzione entro 4.000 anni luce da noi. Con i prossimi rilasci di dati di Gaia, previsti nei prossimi anni, gli astronomi puntano ad ampliare ulteriormente la mappa, includendo regioni più lontane e dettagli ancora più precisi.