Un intero pasto di tre portate, composto da 14 ingredienti, è stato stampato in 3D e cotto con fasci di luce laser. A firmare l’esperimento è il Creative Machines Lab della Columbia University, in uno studio guidato da Jonathan David Blutinger, oggi ingegnere senior a New York. L’obiettivo era affrontare il grande limite della cucina stampata in 3D: la difficoltà di riprodurre la consistenza dei cibi tradizionali.
Il gruppo di ricerca ha utilizzato una tecnica battezzata multi-wavelength laser cooking, cioè la cottura tramite più lunghezze d’onda laser. A differenza di forni e fornelli che diffondono calore in modo poco uniforme, i laser concentrano energia a profondità ridotte, permettendo di modulare elasticità, compattezza e masticabilità dei vari strati del cibo stampato. In laboratorio sono stati testati fasci blu (445 nanometri), vicino infrarosso (980 nm) e medio infrarosso, con risultati comparati alla cottura convenzionale in forno.
Le prove sono iniziate con impasti di cracker Graham: variando la frequenza con cui ogni strato veniva colpito dal raggio, i ricercatori hanno potuto ottenere livelli diversi di morbidezza o croccantezza. L’analisi meccanica ha mostrato che i campioni cotti con laser raggiungevano la massima elasticità già a basse sollecitazioni, mentre quelli da forno risultavano rigidi solo a sforzi molto elevati.
Questa precisione è la chiave per rendere appetibili le pietanze stampate in 3D, un settore che finora si è concentrato su decorazioni di cioccolato o paste modellabili ma con poco successo sul fronte della consistenza. La maggior parte delle creazioni richiedeva additivi alimentari per mantenere la forma, con risultati spesso poco convincenti per il consumatore.
Con il nuovo approccio, invece, diventa possibile costruire piatti multistrato, controllando non solo l’aspetto estetico ma anche la sensazione al palato. Non a caso il team ha deciso di mettere alla prova la tecnologia preparando un menù completo, dalla portata principale al dessert, considerato oggi il pasto più complesso mai stampato.
Blutinger sottolinea che “la cottura è essenziale non solo per il gusto, ma anche per il valore nutrizionale e la texture del cibo”. Grazie al controllo software, la stessa ricetta può essere adattata a esigenze specifiche: un paziente con difficoltà di masticazione, un atleta che necessita di un preciso apporto proteico, oppure chi segue una dieta vegana. La tecnologia apre anche a scenari di riduzione della lavorazione industriale su larga scala, con pasti creati su misura in casa o in strutture sanitarie.
Lo studio, pubblicato sul Journal of Food Engineering, dimostra che il cibo stampato e cotto con laser non è più soltanto un esercizio di laboratorio, ma una possibile frontiera dell’alimentazione personalizzata. Se oggi stupisce per l’aspetto futuristico, domani potrebbe diventare uno strumento quotidiano in grado di unire software e cucina per portare in tavola pietanze uniche in ogni senso.