Le persone ricche fanno cose da persone ricche perché sanno che c'è qualcuno a guardarle: noi.

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(La redazione di fem) Jun 30, 2025 · 4 mins read
Le persone ricche fanno cose da persone ricche perché sanno che c'è qualcuno a guardarle: noi.
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Alla fine, polemiche o no, con buona pace della militarizzazione di calli e ponti, il matrimonio di Jeff Bezos e Lauren Sánchez a Venezia si è celebrato come previsto. La notizia qual è, esattamente? Che i super-ricchi fanno cose da super-ricchi? Non dovrebbe più stupirci. Calciatori, popstar, magnati della Silicon Valley: sono loro le nuove monarchie, le nuove divinità pagane a cui si tributa adorazione.

Venezia contro Bezos: maxi-striscione di Green Peace "Se puoi affittare Venezia per il matrimonio puoi pagare più tasse"

Non ci si ispira più né si vive sapendo che da qualche parte esistono le celebrità che fanno cose da celebrità. Oggi si osservano ossessivamente per emularle in modo quasi compulsivo. E mentre una nicchia si inalbera e si infuria, la maggioranza si indebita per noleggiare la Hummer per la Prima Comunione della figlia. Tutto perché l'evento diventi contenuto social. Se potessero, anche loro affitterebbero Venezia.

la vita privata spiattellata ovunque per accontentare il nostro sguardo

Ciò che colpisce del matrimonio in laguna di Bezos e Sanchez, oltre alla presenza di Leonardo Di Caprio che evidentemente è ambientalista a giorni alterni, non è l’evento in sé ma l'evento in noi: la nostra devota ossessione per queste cerimonie da soap opera turbo-capitalista. Diversamente non le copieremmo. E non vale dire "io non le copio": siamo tutte e tutti parte della stessa civiltà, tu non le copierai ma la tua vicina di casa sì. 

Perché sì, ci indigniamo, protestiamo, urliamo parole come “decadenza”, “oligarchia”, “disuguaglianza”. Ma nel frattempo zoommiamo sulle foto del vestito, contiamo gli ospiti, ridiamo dei meme, vogliamo sapere cosa hanno mangiato e chi ha cucinato. Dove hanno dormito. Quanto costano le cose che posseggono.

Tutte cose che non facciamo, non con lo stesso spirito critico e polemico, quando vediamo i video del bimbo che indossa un mini smoking bianco seduto come un pachà sul sedile della limousine. Lui, i suoi genitori, le zie e i nonni, fingono di vivere un sogno e noi li perdoniamo perché sappiamo che non possono permettersi che quel sogno duri tutta la vita.

Critichiamo lo sfarzo a gran voce solo se ostentato da chi già deprechiamo per altre ragioni. Il cortocircuito è evidente, almeno a chi scrive: l’unico elemento che ci accomuna all’élite è la spettacolarizzazione del nulla ma è anche la stessa cosa che detestiamo.

indebitarsi e noleggiare una limousine per la comunione

Abbiamo un problema di valori? No, abbiamo un deserto. I modelli non sono in crisi: sono estinti. Chi cerca ispirazione trova solo gente che sorride con denti sbiancati, che sponsorizza acque minerali da 50 euro mentre il popolo assetato guarda. Desidera. Ed emula, impoverendosi.

Perché se la massima aspirazione di una famiglia di periferia è trasformare una comunione in un evento da influencer, forse la colpa non è loro. È che abbiamo tutti interiorizzato una bugia: che il valore sta nel farlo vedere, non nel viverlo. E così restiamo sia complici che vittime di un grande Truman Show sociale, in cui i matrimoni VIP sono l’ennesimo episodio. E la limousine per la Prima Comunione? Solo il nostro modo, tragico e ridicolo, di partecipare alla festa.

“Solo i poveri possono permettersi il lusso di essere morali,” scriveva Oscar Wilde con la solita lucidità pungente. Ma oggi come oggi, perfino la morale non è più un lusso di chi non ha budget. Sospesi tra il vomitare indignazione e cliccare compulsivamente su ogni gallery, siamo tutt'altro che superiori, tutt'altro che spettatori innocenti. Perché, a ben vedere, il matrimonio da milioni con tanto di gondole sanificate a uso di miliardari non è poi così lontano dalla comunione in limousine nei sobborghi. Cambia il budget, non il messaggio: "Guardatemi. Esisto. Ho (forse) valore". 

l'invidia sociale, l'emulazione, l'ossessione

Forse non abbiamo un problema di valori ma di messinscena, di idolatria del successo ostentato. Questa è l’amara verità che fatichiamo ad ammettere: le celebrità e le loro modalità di vita esistono perché noi legittimiamo le prime e le seconde. Non sono creature mitologiche cadute dall’alto, sono prodotti di uno sguardo collettivo, il nostro. E non è lo sguardo distratto del passante: è quello famelico dell’imitazione.

Li osserviamo, li clicchiamo, li commentiamo e soprattutto li replichiamo, anche goffamente, illudendoci di essere visti e viste per un attimo come loro, per sentirci celebrità a nostra volta. E non è chiaramente mai inutile, una protesta politica, anzi: ma occorre essere consapevoli che ad agire la protesta e a problematizzare gli stili di vita e gli eccessi di molte celebrità è solo una a nicchia intellettuale, e che il 90 per cento della società le assume come modelli di riferimento.