Per decenni gli scienziati hanno pensato che l’universo fosse destinato a espandersi per sempre, sospinto da una misteriosa energia oscura che rappresenta quasi il 70% della sua composizione. Ma secondo un nuovo studio del fisico Henry Tye, docente emerito alla Cornell University, le cose potrebbero andare diversamente: il cosmo, oggi in piena fase di espansione, potrebbe raggiungere la sua massima estensione fra circa 11 miliardi di anni e avviarsi poi a un lento collasso, fino a ridursi a un unico punto nel giro di 20 miliardi di anni.
Il concetto non è nuovo nella cosmologia ed è noto come “big crunch”. Si tratta dell’ipotesi speculare al Big Bang, ossia un ritorno alle origini dopo miliardi di anni di espansione. Ciò che rende significativo il lavoro di Tye è la possibilità di stimare non solo se questo scenario sia plausibile, ma anche quando potrebbe verificarsi. Alla base del calcolo c’è il parametro noto come costante cosmologica, introdotto da Einstein oltre un secolo fa per descrivere l’energia che permea lo spazio. Se questa costante è positiva, l’universo si dilata all’infinito; se invece è negativa, l’espansione a un certo punto si arresta e lascia spazio a una contrazione.
Per vent’anni la comunità scientifica ha ritenuto che la costante cosmologica fosse positiva, basandosi su osservazioni che mostravano un’accelerazione dell’espansione. I dati più recenti, raccolti da osservatori specializzati nello studio dell’energia oscura come il Dark Energy Survey in Cile e il Dark Energy Spectroscopic Instrument in Arizona, suggerirebbero però un quadro più complesso. Tye e i suoi collaboratori ipotizzano l’esistenza di una particella di massa molto ridotta che nei primi istanti dopo il Big Bang si comportava come una costante positiva, ma che nel tempo ha invertito il suo effetto.
Se questo modello si rivelasse corretto, la traiettoria dell’universo cambierebbe radicalmente: non più una dilatazione senza fine, ma un ciclo che culmina nel collasso totale. In termini più concreti, significa che ciò che oggi vediamo come uno spazio in continua espansione, popolato da galassie sempre più distanti, potrebbe in futuro iniziare a contrarsi. Nell’arco di miliardi di anni, le galassie si avvicinerebbero, la densità aumenterebbe e, alla fine, tutto verrebbe compresso in un punto infinitamente denso.
Al di là delle previsioni a lunghissimo termine, lo studio è importante perché mette in discussione alcune delle certezze che hanno guidato la cosmologia negli ultimi decenni. L’energia oscura, che rappresenta la parte più enigmatica del nostro universo, potrebbe non essere un’entità statica ma un fenomeno dinamico, destinato a cambiare nel tempo.
Gli strumenti per verificare queste ipotesi non mancano: oltre ai progetti già in corso, nei prossimi anni entreranno in funzione nuovi osservatori come l’osservatorio Vera Rubin, il telescopio spaziale europeo Euclid e la missione SPHEREx della NASA. Tutti contribuiranno ad affinare le misurazioni e a chiarire se davvero ci stiamo muovendo verso un futuro in cui l’universo non sarà infinito, ma avrà un termine definito.
Tye guarda a queste prospettive con curiosità più che con timore: “Se vogliamo capire la vita, è importante sapere come tutto ha avuto inizio e come finirà. Negli anni Sessanta abbiamo scoperto che l’universo ha avuto un inizio. Ora potremmo essere vicini a scoprire che avrà anche una fine”.