Ogni estate è la stessa syotia e, anzi, a volte col tempo peggiora pure: l’ansia legata al dover rimanere in costume da bagno, soprattutto le prime volte a inizio stagione, che prova la metà delle donne (ma noi crediamo molte di più) e molti, molti uomini.
Marianna the influenza: "La prova costume è una convenzione sociale"Cosa c’è dietro questa insicurezza diffusa è facile a dirsi, ma lo facciamo dire alla psicologia: il bikini blues, questo il nome "tecnico" di questa forma d'ansia, è molto più di un problema estetico, è il riflesso di una cultura che ha interiorizzato ideali di bellezza irrealistici e totalizzanti. Ma non per questo meno pressanti. Infatti, non è un'ansia delle persone grasse o con corpi non conformi: è un'ansia sperimentata da tutti i corpi.
dietro il "bikini blues" si mescolano grassofobia e tabù della nudità
Dietro il "bikini blues" si intrecciano dinamiche culturali profonde, tra queste le principali sono la grassofobia e il tabù della nudità. Viviamo in una società che ancora stigmatizza i corpi non aderenti ai canoni estetici dominanti, cioè tutti, ma soprattutto quelli considerati abbondanti, come se la loro visibilità fosse una colpa. A questo si aggiunge un certo imbarazzo radicato verso la nudità (propria o altrui), anche quando è parziale e contestualizzata, come in spiaggia.
Il corpo nudo o seminudo viene spesso vissuto come qualcosa di illegittimo, quindi che viene spontaneo - in un primo momento irrazionale - nascondere, guardare e giudicare. In un ambiente più libero e meno giudicante, probabilmente, il costume da bagno non sarebbe più un incubo, ma semplicemente un indumento da indossare.
È importante sottolineare che nonostante il nome evochi solo il due pezzi femminile, il bikini blues è molto democratico, non fa distinzioni: colpisce persone di ogni taglia, forma, età e identità. È un'ansia trasversale che accomuna molte più persone di quanto si creda. Il vero nodo, volendo, sta proprio qui: dovremmo tutte e tutti ribellarci a un sistema che ha reso il corpo un oggetto da valutare anziché uno spazio da abitare. E invece, secondo uno studio condotto da MioDottore l'ansia del doversi mettere in costume - non solo perché ci si sente fuori forma - è sperimentata da circa la metà delle donne in Italia: il 45 per cento, per essere precise.
grazie social, per il bombardamento continuo di standard irrealistici
L'immagine del corpo perfetto, levigato, scolpito e privo di difetti viene continuamente proposta da social media, pubblicità e riviste. Non sorprende che tante donne e tante persone - messe davanti allo specchio e private dei vestiti - si sentano inadeguate o "sbagliate". Questo disagio ha nomi più tecnici in ambito clinico: distorsione dell'immagine corporea, confronto sociale negativo, bassa autostima.
Il costume da bagno così piccolo, così aderente, così rivelatore diventa il catalizzatore di un malessere più profondo che affonda le radici nell'autovalutazione. Tuttavia, la buona notizia è che il bikini blues si può superare. La psicologia suggerisce diverse strategie: la prima, adottare un approccio più compassionevole verso se stessi/e. Smettere di considerare il proprio corpo come un progetto da "aggiustare" e iniziare a vederlo come un alleato. Ma anche imparare a coltivare la filosofia della body neutrality (accettare il corpo per ciò che è) e la riduzione dell'esposizione ai contenuti tossici online possono fare una differenza concreta.