Il pianeta rosso non è sempre stato il deserto gelido e arido che conosciamo oggi. Miliardi di anni fa, fiumi, laghi e forse persino un oceano ne modellavano la superficie. La grande domanda che da sempre assilla gli scienziati è come e perché tutta quell'acqua sia scomparsa. Ora, il rover Curiosity della NASA sta offrendo nuovi, affascinanti indizi, non sulla scomparsa dell'acqua di superficie, ma su quella che continuava a scorrere nel sottosuolo molto tempo dopo che i grandi laghi si erano prosciugati.
In queste settimane, il rover sta attraversando una regione marziana mai vista da così vicino, caratterizzata da strane e basse creste che si incrociano tra loro, formando un reticolo che i geologi chiamano "formazione a scatola" (boxwork).
Queste strutture, alte in alcuni casi solo pochi centimetri, si estendono per chilometri lungo uno strato specifico del Monte Sharp, la montagna di 5 chilometri che Curiosity sta scalando dal 2014. L'ipotesi più accreditata è che queste creste siano il risultato di un'antica attività sotterranea. L'acqua, filtrando attraverso le fessure della roccia, avrebbe depositato minerali che, nel tempo, si sono induriti come cemento. Successivamente, l'incessante azione del vento marziano ha eroso la roccia più tenera circostante, lasciando in rilievo solo questa resistente rete di minerali.
Ciò che rende queste formazioni un vero rompicapo è la loro unicità. Né Curiosity né i satelliti in orbita le hanno individuate in altre zone della montagna. Ashwin Vasavada, scienziato del progetto, si interroga sul perché questi reticoli si siano solidificati in modo così particolare e soprattutto, perché solo qui. Il contesto geologico aggiunge ulteriore mistero. Curiosity si trova attualmente in uno strato ricco di solfati di magnesio, minerali salini che tipicamente si formano quando l'acqua evapora, suggerendo che quest'area si sia formata durante una fase di inaridimento del clima marziano. La presenza delle "scatole" dimostra, in modo spettacolare, che anche mentre il pianeta diventava più secco, il suo sottosuolo era ancora vivo e percorso dall'acqua.
Come se non bastasse, l'ambiente ha riservato un piccolo colpo di scena. Tra le creste, il rover ha individuato numerose venature bianche di solfato di calcio, un altro minerale lasciato dall'acqua. Queste vene erano comuni negli strati più antichi e bassi della montagna, ma erano quasi del tutto scomparse man mano che il rover saliva verso strati più recenti e aridi. La loro ricomparsa proprio ora ha sorpreso il team scientifico, che è ansioso di capirne il motivo.
Per svelare questi enigmi, lo scorso 8 giugno Curiosity ha utilizzato il trapano posto sul suo braccio robotico per prelevare un campione da una roccia soprannominata "Altadena". La polvere di roccia è stata depositata all'interno degli strumenti di bordo per un'analisi dettagliata della sua composizione. L'obiettivo è comprendere la storia di queste rocce e cercare eventuali molecole organiche o altre prove che un ambiente abitabile possa essere stato preservato nei minerali cementati. Intanto, il viaggio continua, e con esso anche il "battesimo" dei luoghi esplorati: il team ha iniziato a usare nomi provenienti dal Salar de Uyuni in Bolivia, la più grande distesa salata della Terra, un luogo così estremo e arido da essere studiato dagli astrobiologi per le sue somiglianze con Marte.